Roma, 24 ott. (TMNews) - Loro tornano a parlarsi faccia a faccia, ma alla fine attendono una parola definitiva da lui. Lui, però, ha altro a cui pensare. Nel giorno in cui Angelino Alfano e Raffaele Fitto si sono incontrati alla Camera e hanno discusso per due ore delle ragioni di governativi e lealisti e degli assetti del Pdl, Silvio Berlusconi ha visto materializzarsi davanti ai suoi occhi un nuovo processo: quello per la compravendita di senatori all'epoca del governo Prodi. Sulla richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Napoli, per la verità, non si era fatto molte illusioni, convinto come è che faccia tutto parte di un unico disegno per eliminarlo dalla scena politica. Se lo aspettava, insomma, ma non per questo non lo considera come "l'ennesimo colpo al cuore", il frutto di una precisa strategia di "accerchiamento".
Si sfoga con chiunque abbia modo di parlargli ma chiede che il partito rimanga unito e compatto. Il profluvio di dichiarazioni in suo favore non si fa certo attendere. Tuttavia, il Pdl continua ad essere sempre più lacerato: oramai non ci si preoccupa più nemmeno di tenere la guerra sottotraccia. Come è chiaramente emerso in Senato in occasione del voto sul ddl costituzionale per l'istituzione del comitato per le riforme. Un provvedimento che porta la firma del ministro Gaetano Quagliariello, lo stesso che i falchi considerano ispiratore della "lettera dei 24" con cui si chiedeva di mettere fine alle critiche al governo. Il provvedimento passa in Aula per soli 4 voti, ma sono 11 i senatori del Pdl che scelgono di astenersi (il chè a palazzo Madama equivale al voto contrario). Non è un caso che siano tutti esponenti riconducibili all'ala lealista. E infatti Roberto Formigoni parla esplicitamente di un tentativo di far cadere il governo che però sarebbe fallito.
In realtà nelle intenzioni dei falchi si sarebbe trattato più di un avvertimento: non solo al governo e al ministro Quagliariello in particolare, ma anche a Giorgio Napolitano che alla realizzazione delle riforme ha così strettamente legato non solo la vita dell'esecutivo ma anche il suo secondo mandato al Quirinale. Né è stato l'unico terreno di scontro. Perché al ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi che ha teorizzato che il governo andrà avanti fino al 2015 anche in caso di decadenza del Cavaliere, risponde la lealista Mariastella Gelmini: si tratterebbe - dice - di uno scenario "lacerante".
A fare da sfondo e da motore alla guerriglia e ancora la questione degli assetti del partito. Silvio Berlusconi vuole evitare qualsiasi spaccatura almeno fino al voto sulla sua permanenza in Senato e tenta di riavvicinare i due fronti contendenti: nella serata di mercoledì ha visto Alfano mentre contatti ci sarebbero stati anche con Raffaele Fitto. Il dato di fatto, però, è che al momento non c'è stata la convocazione di quell'Ufficio di presidenza che dovrebbe sancire il passaggio dal Pdl a Forza Italia (come vorrebbero i falchi) nè quel rotolamento di teste che sarebbe stato sollecitato dal vice premier. Il Cavaliere vorrebbe infatti che in questo momento tutti si concentrassero sulla sua difesa. E tuttavia le notizie giunte da Napoli non avrebbero fatto altro che accrescere le sue diffidenze, sia verso il Colle che verso l'utilità per il Pdl di continuare a stare al governo.
Lo stesso incontro tra Alfano e Fitto (che sarebbe stato sollecitato da Berlusconi) non sarebbe stato risolutivo. Entrambi - viene spiegato - avrebbero ribadito la necessità di preservare l'unità del partito ma il vice premier non avrebbe nessuna intenzione di fare passi indietro sul suo ruolo di segretario né di cedere alla richiesta di azzeramento che arriva dai lealisti. Anche in caso di passaggio a Forza Italia, insomma, l'idea sarebbe quella di rimanere segretario rinunciando eventualmente al Viminale. Scenario che non starebbe bene al fronte non governativo, più propenso ad accettare l'ipotesi di due coordinatori: Maurizio Lupi e Denis Verdini.
Bac
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