
un blog dove scambiarsi opinioni ed idee in nome della libera partecipazione democratica
mercoledì 16 maggio 2012
DOPO LUSI E LA LEGA ORA SONO SPARITI I RIMBORSI DI DI PIETRO
ESCLUSIVO/ Che fine ha fatto la somma di 450 mila euro destinata al gruppo dell’Italia dei Valori della regione Emilia Romagna? La testimonianza choc
del penalista Domenico Morace - ex dirigente Idv in Emilia Romagna -
raccolta da Affaritaliani rivela un caso simile a quello dei rimborsi
elettorali che hanno già visto coinvolti il tesoriere Lusi della
Margherita e il suo omologo Belsito della Lega Nord: si potrebbe aprire
un filone di indagine anche sul partito dell’ex magistrato di Mani
Pulite, Antonio Di Pietro. Ma la tesoriera del partito, Silvana Mura, e il presidente del partito, Di Pietro, erano a conoscenza di quanto è avvenuto? Nulla sarebbe mai stato fatto per portare alla luce il denaro dello scandalo
dal sito affariitaliani.it
dal sito affariitaliani.it
UMBERTO BOSSI E I FIGLI INDAGATI PER TRUFFA
dal sito corriere.it
Al Senatur notificata un'informazione di garanzia
Umberto Bossi e i figli
MILANO - Umberto Bossi è indagato per truffa ai danni dello Stato
nell'inchiesta sull'uso dei rimborsi elettorali della Lega. I Pm Alfredo
Robledo, Paolo Filippini e Roberto Pellicano di Milano gli hanno
notificato un'informazione di garanzia nella sede del Carroccio in via
Bellerio.
I FIGLI - Con Umberto Bossi sono
indagati anche i figli Riccardo e Renzo accusati di appropriazione
indebita e il senatore Piergiorgio Stiffoni per il quale l'accusa è di
peculato in relazione all'uso dei fondi del Carroccio al Senato.
Indagato anche l'imprenditore Paolo Scala per riciclaggio.
Umberto Bossi e i figli indagati a Milano
Al Senatur notificata un'informazione di garanzia
nella sede della Lega in via Bellerio

domenica 13 maggio 2012
ECCO COME (SECONDO I TEDESCHI) CIAMPI E PRODI TRUCCARONO I CONTI PER ENTRARE NELL'EURO.
E' bufera in Europa dopo che il settimanale tedesco Der
Spiegel ha rivelato, carte alla mano, che l'Italia non aveva i conti in
regola per entrare nell'euro e che l'allora cancelliere tedesco Helmut
Kohl ne era consapevole, ma per motivi di opportunita' politica non si
mise di traverso.
E ora le carte cui ha avuto accesso il
settimanale tedesco, centinaia di pagine di documenti del governo Kohl
sull'introduzione dell'euro tra il 1994 ed il 1998, sono state
pubblicate anche in italiano dal Fatto Quotidiano.
Si
tratta di rapporti dell'ambasciata tedesca a Roma, di note interne
dell'esecutivo e di verbali manoscritti di colloqui avuti dal
cancelliere della riunificazione. "I documenti dimostrano cio'
che finora si supponeva: l'Italia non avrebbe mai dovuto essere accolta
nell'euro", scrive lo Spiegel, aggiungendo che a decidere sull'ingresso dell'Italia "non furono i criteri economici, ma le considerazioni politiche".
"In questo modo", denuncia il settimanale di Amburgo, "si creo' il precedente per una decisione sbagliata ancora maggiore presa due anni dopo: l'ingresso nell'euro della Grecia". Per
lo Spiegel il governo Kohl non puo' sostenere di essere stato
all'oscuro della reale situazione italiana dell'epoca, poiche' "era
perfettamente informato sulla situazione di bilancio". "Molte
misure di risparmio erano solo cosmetiche, si basavano su trucchi
contabili o vennero subito ritirale non appena venne meno la pressione
politica", scrive il settimanale.

"Fino
al 1997 avanzato, al ministero delle Finanze non credevamo che l'Italia
riuscisse a rispettare i criteri di convergenza", ha dichiarato al
settimanale Klaus Regling, attuale responsabile del fondo
salvastati Efsf ed all'epoca capo dipartimento del ministero delle
Finanze tedesco. Il 3 febbraio 1997 lo stesso ministero constatava che a
Roma "importanti misure strutturali di risparmio sono venute quasi del
tutto meno per garantire il consenso sociale".
Il 22 aprile dello stesso anno in una nota per Kohl era scritto che "non ci sono quasi chance che l'Italia rispetti i criteri". Il
5 giugno il dipartimento di Economia della cancelleria comunicava che
le previsioni di crescita dell'Italia apparivano "modeste" ed i
progressi nel consolidamento delle finanze pubbliche "sopravvalutati".
In preparazione di un vertice con una delegazione governativa italiana
del 22 gennaio 1998 l'allora sottosegretario alle Finanze, Juergen
Stark, constatava che in Italia "la durevolezza di solide finanze
pubbliche non e' ancora garantita". A meta' marzo 1998 era Horst
Koehler, allora presidente dell'Associazione delle Casse di Risparmio
tedesche, a scrivere una lettera a Kohl, accompagnata da uno studio
dell'Archivio dell'Economia mondiale di Amburgo, in cui era scritto che
l'Italia non aveva rispettato le condizioni "per una durevole riduzione del deficit" e che pertanto costituiva "un rischio particolare" per l'euro.
Lo
Spiegel scrive che "Kohl rispose picche ai suoi consiglieri di allora",
anche perche', come afferma Joachim Bitterlich, allora consulente di
Kohl per la politica estera, al vertice Ue di maggio 1998 "la parola d'ordine politica era: per favore non senza gli italiani".
Il settimanale di Amburgo rileva che i documenti visionati "fanno
sorgere il sospetto che sul problema Italia il governo Kohl abbia
ingannato non solo l'opinione pubblica, ma anche il
Bundesverfassungsgericht (la Corte Costituzionale di Karlsruhe, ndr)".

Secondo lo storico Hans Woller, al momento di entrare nell'euro l'Italia era "sull'orlo della bancarotta finanziaria", mentre
dai documenti visionati dallo 'Spiegel' risulta che nel corso del 1997
l'Italia propose per due volte di rinviare la partenza dell'euro, ma la
Germania rifiuto'.
Bitterlich spiega che questa data era
diventata "un tabu'" e che tutte le speranze tedesche erano riposte in
Carlo Azeglio Ciampi, allora ministro del Tesoro nel governo Prodi. "Per tutti era come un garante dell'Italia, lui ce l'avrebbe fatta!", spiega Bitterlich, ma lo Spiegel scrive che "alla fine con una combinazione di trucchi e di circostanze fortunate gli italiani riuscirono sul piano formale a rispettare i criteri di Maastricht. Il Paese trasse vantaggio da tassi di interesse storicamente bassi, inoltre Ciampi si dimostro' un creativo giocoliere finanziario".
Il settimanale cita in proposito l'introduzione
della "tassa per l'Europa", la vendita delle riserve auree alla banca
centrale e le tasse sugli utili, con il risultato che "il deficit di
bilancio scese in misura corrispondente, anche se gli esperti
statistici dell'Ue in seguito non accettarono questi trucchi". Ai primi
del 1998 rappresentanti del governo olandese chiesero a Kohl un
"colloquio confidenziale" alla Cancelleria, durante il quale chiesero di
fare maggiori pressioni su Roma, poiche' "senza ulteriori misure
dell'Italia a conferma del durevole consolidamento, un ingresso
dell'Italia nell'euro non e' accettabile". Kohl respinse la
proposta olandese, anche perche' il governo francese gli aveva fatto
sapere che senza l'ingresso nell'euro dell'Italia, neanche la Francia
sarebbe entrata, con il risultato che, come scrive lo 'Spiegel', "i tedeschi erano in una posizione di trattativa debole".
La
conclusione del lungo articolo e' che riguardo all'Italia "molti
sapevano che i numeri erano truccati e che un'autentica riduzione del
debito era fuori discussione. Nessuno pero' oso' trarne le conseguenze e
Kohl si fido' delle melodiose dichiarazioni di Ciampi, che assicurava
un 'cammino virtuoso', con il governo di Roma che prevedeva al piu'
tardi per il 2010 la riduzione al 60% del debito pubblico. E' andata
diversamente".
CAMPAGNA INFORMATIVA SUL CANE GUIDA
CANE GUIDA

- della legge (n.37 del 1974) che garantisce OVUNQUE SENZA LIMITAZIONE l’ingresso GRATUITO al cane guida che accompagna disabile visivo anche dove i cani normalmente non sono ammessi (es.: taxi, trasporti pubblici, ambulanze, esercizi commerciali, ospedali, chiese, hotel, scuole, ecc.);
- della legge N. 67 del 1 marzo 2006, che tutela i disabili dalle discriminazioni.
- il cane guida è un cane da lavoro pertanto è esonerato dalla museruola in base all’ordinanza del 23/03/2009;
- non dev’essere disturbato bensì va rispettato;
- il cane guida rappresenta gli occhi di chi non vede, è da considerarsi quindi “ausilio” per persona con disabilità e per legge non può essere allontanato dal disabile visivo che accompagna;
- il cane guida è un cane addestrato, pulito, legalmente super vaccinato e addestrato anche a non sporcare.
SE HAI UN CANE GUIDA PORTA SEMPRE CON TE LA NOSTRA LOCANDINA.
AIUTACI A DIFFONDERE LA CAMPAGNA CANE GUIDA DI BLINDSIGHT PROJECT!
NORMATIVA DEL 23 MARZO 2009
“Ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell’incolumità pubblica dell’aggressione dei cani”
Nell’art
5 specifica che la museruola ai cani delle forza armate, polizia,
protezione civile, vigili del fuoco e cani addestrati a sostegno delle
persone diversamente abili non và applicata. Specifica inoltre tutti gli
obblighi di chi ha un cane verso persone cose e animali. Nell’art.1
specifica l’obbligo per tutti i possessori di cani di tenerli al
guinzaglio.Scarica la normativa per la museruola e il guinzaglio da qui
Legge n. 37 del 14 febbraio 1974 (leggi tutto)
(Pubblicata nella G.U. n. 61 del 6 marzo 1974)
ACCESSO GRATUITO AI CANI GUIDA PER NON VEDENTI SUI MEZZI DI TRASPORTO ED ESERCIZI PUBBLICI SENZA LIMITAZIONE
Integrata dalla Legge n. 60 del 8 febbraio 2006 (pubblicata nella G. U. n. 52 del 3 marzo 2006)
Legge n. 67 dell’1 marzo 2006 (leggi tutto)
MISURE PER LA TUTELA GIUDIZIARIA DELLE PERSONE CON DISABILITA’ VITTIME DI DISCRIMINAZIONI
(Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2006)
Agevolazioni relative ai cani guida
Viaggi in aereo: gli obblighi e le sanzioni (leggi tutto)
Altri link:
Scuola nazionale cani guida di Scandicci (FI)
Scuola Cani Guida Lions (Limbiate – MI)
Animali.com
Amicicani.com
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giovedì 10 maggio 2012
SPUNTA IL BUNGA BUNGA DELLA LEGA...
Nello scandalo Carroccio spunta un elenco di ragazze con numeri di telefono: è stato trovato all’ex tesoriere Belsito. Intanto altri sviluppi su falsi diplomi e lauree

Francesco Belsito
Non nuovo, peraltro, ad amicizie femminili che hanno lasciato il segno. A gennaio 2011 la polizia trova e sequestra il suo biglietto da visita, mischiato a quelli di altri personaggi istituzionali di spicco, nella casa nei pressi di Genova dove Karima El Marough – la Ruby delle notti di Arcore – abita con il fidanzato Luca Risso. Sul biglietto la scritta: «Francesco B. – Presidenza del Consiglio dei ministri». Ma l’ex tesoriere prende le distanze dalla giovane marocchina: «Ruby non l’ho mai vista né conosciuta. E non sono mai stato in vita mia all’Albikokka».
Alla fine del 2010 invece si scopre dalle intercettazioni che Renzo Bossi, il figlio del Senatùr, utilizzava il telefonino intestato a Belsito per inviare sms a Nicole Minetti. «Sono geloso del rapporto con il mio capo», scrive il Trota. «Anch’io sono gelosa…!», ribatte la consigliera regionale. E adesso si aggiunge la lista di ragazze – l’ipotesi è che si tratti di escort – un nuovo elemento da approfondire per accertare in primo luogo se abbia o meno un’attinenza con il ruolo dell’ex tesoriere e con la gestione dei soldi del partito. Non solo.
Gli inquirenti sono a caccia di un’altra cassetta di sicurezza nella disponibilità di Belsito, oltre a quella romana già perquisita, che potrebbe contenere altro materiale definito «compromettente». Nel frattempo vengono passate al setaccio le migliaia di pagine clonate dalla polizia postale dalle memoria informatiche sequestrate a Belsito nei computer di casa e dello studio Mgim di via Durini a Milano in cui lavora come consulente legale Bruno Mafrici, indagato per riciclaggio come Belsito. Materiale che potrebbe contenere elementi interessanti per lo sviluppo delle indagini sia sul fronte del presunto riciclaggio sia su quello del dossieraggio che sarebbe stato messo in atto ai danni del triumviro Roberto Maroni.
Intanto, dopo la laurea a tempo di record ottenuta da Renzo Bossi presso l’università di Tirana, i sospetti si addensano anche sul diploma in Ragioneria di Belsito. I pm, che vogliono capire quali titoli avesse per gestire la tesoreria, hanno scoperto che la scuola di Frattamaggiore (Napoli), dove Belsito sostiene di aver preso il diploma, era già fallita all’epoca e le firme sul documento parrebbero false. Da quanto si è appreso, infatti, Belsito avrebbe messo a verbale, davanti ai magistrati milanesi, di essere un «tributarista» e di essersi diplomato in Ragioneria presso una scuola privata a Frattamaggiore.
Gli inquirenti, confrontandosi con gli investigatori di Napoli che indagano sui fondi del Carroccio, avrebbero elementi per ritenere che quella scuola campana, all’epoca in cui l’ex tesoriere dice di essersi diplomato, aveva già chiuso i battenti. Dai primi accertamenti risulta inoltre che il diploma – acquisito agli atti – potrebbe essere fasullo, dato che le firme apposte parrebbero artefatte. Ma c’è di più. Belsito avrebbe raccontato agli inquirenti di essersi laureato in Scienze Politiche all’Università telematica (con corsi online) John Kennedy di Milano. Sulla cui esistenza ci sarebbero forti dubbi. Se i titoli conseguiti dall’ex amministratore sono finiti sotto la lente di ingrandimento delle procure, è per capire quali competenze avesse per essere nominato tesoriere di un partito.
venerdì 4 maggio 2012
AIUTIAMO GLI AMICI DI DANZA STUDIO A REALIZZARE IL SOGNO DI DANZARE A ROMA
Dream On for a future without drugs
è
un progetto finanziato e patrocinato dal Dipartimento Politiche
Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, organizzato
dall’Azienda ASUR Marche - Area Vasta n. 3 Macerata in collaborazione
con il Dipartimento delle Dipendenze - Azienda ULSS 20 Verona della
Regione Veneto.
Si
tratta di un progetto di prevenzione dall'uso di sostanze stupefacenti e
l'abuso di alcol che ha come obiettivo primario la promozione di stili
di vita sani, in particolare attraverso la danza, e si rivolge ai
ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 22 anni. Questa attività viene
realizzata senza alcun fine di lucro ed è completamente no profit.
Dati
gli ottimi risultati conseguiti negli anni scorsi, “Dream On” è giunto
alla sua prima edizione nazionale con cui intende dare ai giovani la
possibilità, tramite la danza, la musica, l’arte, la cultura e
l’espressione della creatività in senso generale, di esprimere la
propria interiorità e trovare stimoli che li impegnino in un’esperienza
costruttiva, basata su un agire positivo che permetta loro di acquisire
un atteggiamento sano, impegnato e consapevole, contro l’uso di sostanze
stupefacenti e l’abuso alcolico.
Il
progetto prevede un concorso di danza aperto a tutte le scuole del
territorio nazionale italiano che intendono lanciare, attraverso la
danza e la creatività, un messaggio forte e chiaro di prevenzione contro
l’uso di sostanze stupefacenti e l’abuso alcolico.
PER
POTER ACCEDERE ALLA FASE FINALE ( CHE SI TERRA' A ROMA IL 27 MAGGIO) LA
NOSTRA COREOGRAFIA DEVE ARRIVARE PRIMA NELLA CLASSIFICA POPOLARE, CON
L'AIUTO DI QUANTI PIU VOTI POSSIBILI!
SE
DESIDERATE AIUTARCI A FARE LA NOSTRA PARTE PER QUESTO PROGETTO,
CLICCATE IL SEGUENTE LINK E DATE 5 PUNTI ALLA COREOGRAFIA DELLA SCUOLA
"ASD DANZASTUDIO"!
GRAZIE DI CUORE PER IL VOSTRO SUPPORTO.
A.S.D. Danzastudio
ALEJANDRA VAZQUEZ CLAVE' : LA DONNA CHE DIPINGE L'ANIMA DEGLI ANIMALI
Difficilmente uso questo spazio per fare pubblicità a qualcuno o qualcosa, ma Alejandra Vazquez Clavè la pittrice degli animali stramerita che si parli di lei. Ha appena fatto il quadro al gatto michele che vedete qui sotto riprodotto. Un quadro piccolo ma molto espressivo, significativo in cui ho trovato lo guardo del mio gattone...
Mi permetto di segnalarvela, se avete un amico peloso, a quattro o due zampe a cui volete far fare un ritratto da una semplice fotografia ecco la persona giusta che può aiutarvi, lo avrete sempre con voi anche quando un domani non ci sarà più. Alejandra ha una caratteristica, i suoi quadri leggono nell'anima dell'animale e ne trasmettono l'essenza. Davvero Alejandra è una pittrice che dipinge con il cuore e che sa trarre l'anima. Ve la consiglio davvero di cuore.
Lorenzo Croce
per contattarla
Mail: clave@hotmail.it
Telefoni 3393639428 (cellulare lavoro)
RITRATTO DEL GATTO MICHELE
Mi permetto di segnalarvela, se avete un amico peloso, a quattro o due zampe a cui volete far fare un ritratto da una semplice fotografia ecco la persona giusta che può aiutarvi, lo avrete sempre con voi anche quando un domani non ci sarà più. Alejandra ha una caratteristica, i suoi quadri leggono nell'anima dell'animale e ne trasmettono l'essenza. Davvero Alejandra è una pittrice che dipinge con il cuore e che sa trarre l'anima. Ve la consiglio davvero di cuore.
Lorenzo Croce
per contattarla
Mail: clave@hotmail.it
Telefoni 3393639428 (cellulare lavoro)
RITRATTO DEL GATTO MICHELE
CAMMELLO TENTA DI FARE SESSO CON UNA DONNA E LA UCCIDE
Cammello tenta di fare sesso con una donna e la uccide
L’esperto di cammelli Chris Hill spiega che “In genere i giovani cammelli non sono aggressivi, ma diventano pericolosi se sono trattati come animali di compagnia, senza una ferma disciplina”.
Il cammello aveva già dato segni di una certa “focosità ”, tentando in passato più volte di fare sesso con una capra, anch’essa di proprietà della donna, rischiando più volte di schiacciarla.
Read more: http://notizie.delmondo.info/2007/08/20/cammello-tenta-di-fare-sesso-con-una-donna-e-la-uccide/#ixzz1tu6ZZajH
giovedì 3 maggio 2012
UN RITRATTO DI GIOVANNI GENTILE. IL PRIMO RIFORMATORE DELLA SCUOLA ITALIANA
GIOVANNI GENTILE: UN IDEALISTA IN CAMICIA NERA
L'attualismo di Giovanni Gentile è una filosofia idealistica della
prassi, da Lui stesso definita, ne La riforma della dialettica
hegeliana, in termini di spiritualismo assoluto: la più alta e potente
espressione dell’idealismo immanentistico moderno, che innalza la
razionalità universale dell’uomo, e nell’uomo, ad assoluto demiurgo
della vita etica e della storia universale.
Potremmo facilmente parlarne come la più estrema forma di idealismo, e nel contempo come di un umanesimo integrale, che divinizza l’uomo e il suo mondo, lo intende erigere, con un’istanza volitiva estrema desunta dall’imperativo categorico fichtiano di Jena, ad unico Artefice dei propri destini individuali, sociali e storici.
Questa filosofia idealistica della prassi nasce dunque sul terreno di una lettura in senso accentuatamente fichtiano dell’idealismo di Hegel, nel solco già tracciato dalla Sinistra hegeliana e dal giovane Marx. Come sottolineava Lukàcs, gli autori della Sinistra hegeliana, intrecciando Hegel con Fichte, intendevano dinamizzarne la concezione dell’assoluto e della storia, sino a ricavare dalla dialettica hegeliana, con piena coerenza teorica, una visione dell’uomo come prassi cosciente, attività auto formativa e formativa, creativa di sé e del proprio mondo, che è propria della filosofia fichtiana di Jena.
Non è dunque casuale che il primo scritto, con il quale Gentile si presenta al grande pubblico, sia proprio un confronto con Marx e con il Materialismo storico. Ivi Gentile rivendica la centralità complessiva del concetto di “prassi” per la filosofia e il carattere di “filosofia della prassi” del pensiero del primo Marx, in base alle Tesi su Feuerbach del 1844…La conoscenza come prassi è, ad esempio, al centro della critica di Vico a Cartesio. Se la prassi vichiana era “operare della mente dell’uomo”, in Marx è attività lavorativa che parte dai bisogni materiali ed ha una dimensione sociale…la conoscenza non è mai data, è un processo spirituale di produzione e di riproduzione, e lo spirito umano è sempre vigile, attivo, creativo in ogni atto teoretico e la verità non è mai un dato statico.
In questo processo produttivo, soggetto e oggetto sono in mutua relazione: l’autoformazione del soggetto è la formazione dell’oggetto e la conoscenza è sviluppo continuo, radicato nel fare del soggetto “che forma se stesso, formando l’oggetto”. che può vagare isolatamente nei boschi, e la società è negata nella sua necessità, ridotta a fatto accidentale: nasce da un contratto sociale, stipulato dalla massa degli individui empirici isolati, che potrebbero anche decidere il contrario o ritornare sulla loro decisione…
La prassi e l’uomo come prassi sono la completa indipendenza della coscienza razionale nel suo farsi, decidersi e decidere, costruirsi e costruire: deve prescindere ed astrarre da ogni condizionamento esteriore, trasmesso dalla sensibilità, sia esso condizionamento dell’impulso materiale edonistico, sia esso condizionamento dell’ambiente socio culturale.
In ciò è evidente il riferimento alla versione attivistica e demiurgica dell’imperativo categorico kantiano, presente nello Fichte delle opere jenesi: “io devo agire, affinché io diventi libero”. La prassi non può dunque essere minimamente dedotta dalla natura esteriore e dalle sue leggi necessarie, è espressione immanente di un principio ontologicamente superiore, come scritto chiaramente da J Evola, nelle opere filosofiche del 1924-1925, i Saggi sull’idealismo magico, la Teoria e Fenomenologia dell’individuo assoluto.
Nei Saggi, egli scrive che “l’Io è...l’etere infinito che sottende ogni determinazione”; non può mai né essere determinato né essere compreso dall’universo, ma anzi “comprende questo dentro di sé”. Ancor più chiaramente, in alcuni passi della Fenomenologia si afferma la più assoluta indipendenza di ogni atto di volontà, e dunque di azione e costruzione umana rispetto a ogni legge della natura. Il telos del mio agire non è in nessun modo comandato dal determinismo naturale, al contrario “tutto il mondo è ad ogni momento appeso al mio volere e al mio agire”. Non solo l’azione della mia coscienza non è comandata da alcuna legge naturale, ma sono deliberazione della volontà e atto cosciente a farle operare: sono io che in questo momento decido di scrivere e scrivo, utilizzando a comando leggi chimiche e meccaniche dei miei organi cerebrali e manuali, in base ad una forza superiore in me operante, già citata come “etere”, che comanda l’impulso e la natura, piega a sé ogni fattore ambientale: l’uomo è prassi in quanto spirito, in quanto non si fa mai trascinare da nulla di esterno alla propria volontà… Il pensare è la prassi, precedentemente analizzata.
Il pensiero è spirito, un fare cosciente e voluto: un’attività creativa in perenne auto svolgimento, costantemente creativa e unitaria; il pensiero fa, costruisce, mantenendo in sé ogni sua espressione e creazione, creandone continuamente altre, dunque mantenendosi di continuo in unità con sé e in costante attività. Questo pensiero-prassi, che pensando costruisce, che non consente ad alcuna sua determinatezza di uscire dal cerchio della sua unità logico-dinamica, è definito auto concetto o atto puro, e ricorda la vorticosità dell’Io puro di Fichte: tutto poneva, tutto tratteneva in sé, nulla traluceva all’esterno di sé, il cosmo era una pura costruzione logico trascendentale, come lo è per Gentile. Un principio talmente compatto e in auto movimento che rischia di sfuggire ad una vera comprensione concettuale –come evidenzierà proprio Evola- e soprattutto ad una esposizione chiara, esaustiva, didatticamente efficace.
Il principio del pensiero come atto puro e auto concetto, fondamento, cuore pulsante, essenza dinamica di tutto l’idealismo gentiliano della maturità, è già chiaramente esposto nella “Prolusione” sul il concetto di storia della filosofia letta il 10 gennaio 1907 all’Università di Palermo; “Prolusione” inserita ne La riforma della dialettica hegeliano del 1913, ove tutte le questioni ad esso inerenti sono svolte logicamente e storicamente. […] Nella Teoria generale dello spirito come atto puro, la cui prima edizione risale al 1916, Gentile precisa i caratteri del suo attualismo, operando la nota distinzione fra Io trascendentale e Io empirico. Il pensiero in atto è l’Io trascendentale, unitario e universale; “l’unità infinita dello spirito”, distinto dall’Io empirico, dalla concretezza della singola persona in carne ed ossa, scissa in ragione e sensibilità, contrapposta all’oggettività percepita empiricamente.
La distinzione non sfocia nella separazione ontologica e nella trascendenza del platonismo: l’Io trascendentale è un principio di assoluta spiritualità immanente agli uomini, che li sottrae ad ogni condizionamento della datità esteriore e li erige a soggetti razionali liberi, nel senso già precisato. Di fatto l’uomo reale, l’individuo vive in questo equilibrio dinamico fra Io trascendentale ed Io empirico, come l’Io concreto e finito del terzo principio della Dottrina della scienza fichtiana del 1794.
Torneremo sulla questione. […] L’unità dello spirito, quale Io trascendentale, è certamente immoltiplicabile ed infinita: “la vita, la realtà, la concretezza dell’attività spirituale è nell’unità; e non si ha la molteplicità se non uscendo dalla vita, e fissando le morte astrazioni risultanti dall’analisi”.
Ciò non significa che la natura e la molteplicità delle coscienze empiriche non esistano materialmente, ma che, quest’ultime, lasciate alle sollecitazioni della sensibilità e della datità esteriore, al di fuori di ogni sforzo pensante, non hanno un significato spirituale, e dunque umano. Un degrado della coscienza alla vita animale su cui avrebbe potuto convergere anche Marx, nei Manoscritti economico filosofici del 1844.[…]
L’idealismo gentiliano di questa fase, prima della svolta fascista e dell’incontro di Gentile con le tematiche dello Stato Corporativo del Lavoro, è un idealismo morale e pedagogico. Nessun dubbio che in esso prevalga il principio dell’unità assoluta e assolutamente in atto, l’Io trascendentale sull’Io empirico, una legge morale che chiede alle persone una piena uniformità di vita razionale che culmina nella filosofia come atto educativo. Ma l’uniformità all’unità dell’atto è ancora marginale rispetto al piano politico e s’identifica pienamente con la libertà razionale della coscienza, unendo le istanze del razionalismo etico kantiano con quelle dell’attivismo volontaristico fichtiano. Emblematica la seguente citazione: “la personalità, ogni determinata personalità, non si può pensare che si costituisca se non in virtù delle sue proprie forze, le quali assommano nel pensiero.”
L’unità dell’atto non è proiettata verso una Volksgemeinschaft organicistica e romantica, ma verso l’autocostrizione razionale di sé, in sé e in ogni momento della propria vita. Condizione spirituale mai data una volta per tutte, mai cristallizzata in un dato positivo immutabile, ma da costruirsi costantemente nella vita della coscienza personale: un suo “farsi” “spirito” che fa oscillare quest’ultimo fra un piano di immanenza concreta e operante e un piano trascendentale di idealità regolativa kantiana
Con queste caratterizzazioni fichtiane, l’unità dell’atto, o spirito, o auto concetto, o Io trascendentale è principio immanente la molteplicità delle coscienze, ove si concreta e manifesta come l’Assoluto di Hegel, ed è idealità regolativa kantiana; tale e tanta è la sua assolutezza dinamica, razionale e unitaria, da costituire sempre una conquista umana, giorno per giorno, attimo per attimo. […]
L'Io trascendentale è legge immanente alle coscienze empiriche e le deve destare ad una costante attività e autocostrizione razionale, che pretende di annullare ogni elemento non egotico, istinti, bisogni materiali, interessi privati.
La libertà dell’Io fichtiano non conosce mediazioni con la sensibilità; il suo “sforzo” egotico è privo di spontaneità e di momenti di quiete.
A livello etico e politico può significare un ritorno alla libertà antica come assoluta Virtù, assoluta dedizione patriottica, difficilmente raggiungibile da tutti coloro che compongono la comunità nazionale. Ricade nell’utopia giacobina più nobile ma anche più radicale e antistorica. Gentile troverà una soluzione a queste difficoltà e un maggiore equilibrio, sul piano etico, fra individualità e totalità, guardando allo Stato etico idealistico come ad un’idealità regolativa da conseguire, in un continuo sforzo di volontà collettiva e organizzata, e sviluppando le tematiche concrete del Corporativismo.
Su questa linea giungerà a dare veste compiuta alle teorie politiche fasciste nell’ultima sua grande e dimenticata opera, Genesi e struttura della società. […]
Gentile torna sui caratteri del suo idealismo “attuale” o “attualismo” in uno scritto del 1926. L’anno dopo apparirà la Dottrina del fascismo.
Siamo dunque nel periodo in cui egli comincia a misurarsi con le questioni politiche e con il Corporativismo. Se ne vedono i risultati fecondi anche sul piano teoretico, perché, proprio nello scritto in questione, egli passa da un idealismo pedagogico ed elitario, ad un idealismo umanistico e sociale, rivalutando ogni attività lavorativa e produttiva.
A questo punto, non solo la cultura e l’attività teoretico educativa sono prassi e manifestazioni del pensiero in atto, ma la totalità dell’agire umano, dal lavoro contadino all’insegnamento liceale e accademico della storia della filosofia.
La totalità dell’agire umano è “lavoro” nelle sue varie espressioni e categorie, tutte quante degne di essere organizzate e tutelate nel quadro unitario dello Stato Nazionale del Lavoro, come comprese Benito Mussolini, sin dal 1918. [..]
L’idealismo attuale diviene umanesimo integrale: quando si afferma non solo che tutto è pensiero, ma che il pensiero è permanentemente in atto e ogni atto è pensiero (cioè Io trascendentale, spirito, autoconcetto) significa porre alla base della realtà “quello che fa l’uomo…persona, soggetto, autocoscienza…iniziatore assoluto.” Non è casuale lo sforzo storico e critico, costante in Gentile, teso a trovare le radici più lontane dell’idealismo non in Germania, ma in Italia, con la filosofia umanistica e rinascimentale e il pensiero di Giordano Bruno.
L’idealismo attuale è umanesimo integrale, perché valorizza, in questa fase, sia il lavoro materiale sia l’attività culturale, sia i lavoratori sia gli uomini colti, tutti “lavoratori del braccio e delle mente”, secondo la feconda asserzione mussoliniana: è umanesimo del lavoro, che si apre alla questione sociale con il corporativismo di Bottai, di Spirito, il Sindacalismo Nazionale di Rossoni, ed è formazione delle aristocrazie del pensiero che richiama la grande Riforma della scuola e il Liceo Classico:
“La vita dell’uomo… è affermazione di libertà. Che infatti ogni uomo si sforza di conquistare, sia che con la zappa…s’adoperi a trasformare il suolo in docile strumento di soddisfazione de’ propri bisogni, sia che, con l’analisi districando le difficoltà d’un problema speculativo che gl’incomba molesto sull’animo, cerchi nella soluzione di esso la liberazione del suo spirito dal disagio del problema, che gli impedisce l’intelligenza del mondo in cui egli deve vivere.”
Con Hegel, nonostante i limiti che Gentile attribuisce alla sua nozione di eticità, l’idealismo scopre il carattere spirituale dello Stato.
Fichte rimaneva legato ad una visione contrattualistica e negativa dello Stato: era dedotto da una pluralità di individui originariamente indipendenti, nasceva da un loro patto sociale, rimaneva un limite rispetto alla manifestazione dello spirito nell’individuo e nel suo mondo morale. Hegel afferma la piena identità speculativa fra Stato e individuo […]
Lo Stato etico idealista è libertà concreta dell’individualità. Posta così la questione […] sembra facile vedere nella teoria politica gentiliana un totalitarismo dispotico, che appiattisce l’individuo sulle istituzione e nega ogni forma di libertà. Le cose non sono così semplici.
Sin dal 1925, anno di svolta del Fascismo e anno in cui matura la piena identità fra Gentile e Fascismo, il filosofo siciliano riflette con sempre maggiore profondità e precisione sui caratteri del totalitarismo fascista, sui rapporti fra “l’autorità dello Stato e la libertà dei cittadini”, sul problema del corporativismo.
Proprio nell’anno in questione, Gentile tiene una conferenza all’Università della Casa del Fascio di Bologna, sul tema “Libertà e Liberalismo”, ove intende precisare che lo Stato fascista è autentico Stato liberale, in quanto realizza in sé la concezione moderna della libertà come “spirito umano” che “assoggetta” a sé ogni esteriorità, proponendosi in qualità di Io fichtiano, o per essere più conforme alla terminologia attualista di un “farsi individuo”, di un tendere al piano trascendentale del pensiero permanentemente in atto. […] Solo su questo terreno può crescere quella umanità, contraddistinta da continua attività razionale, creativa e volitiva, da slanci per l’ideale, da coscienza dei propri doveri patriottici, proposta dall’imperativo categorico fichtiano e dall’idealismo mazziniano come autentica umanità emancipata.
Questa libertà dell’uomo di autocostruirsi razionalmente, di essere sempre demiurgo di sé e del proprio mondo in una intersoggettività nazionale, è vera libertà di pensiero: essere liberi di pensare non è certo essere liberi di esprimere e di fare tutto ciò che casualmente passa per la testa; in quanto ciò che passa casualmente per la testa nasce da una determinazione della esteriorità, non è coscienza pensante. Lo Stato fascista è autentico liberalismo perché promuove questa condizione di pensiero attivo in tutte le categorie sociali, per superare gli antagonismi di interesse che contraddistinguono lo Stato liberale.
Nelle Origini e dottrina del Fascismo, del 1927, Gentile approfondisce la riflessione sul rapporto autorità dello Stato e libertà dell’individuo, partendo dal netto rifiuto delle dottrine politiche dei nazionalisti.
Tali dottrine, partendo da un’idea naturalistica e positivista di nazione, come “territorio”, “stirpe”, “lingua”, “storia” – tutti elementi o puramente naturali o dati di fatto acquisiti meccanicamente dalle coscienze - favoriscono la nascita di uno Stato autoritario e aristocratico.
All’opposto lo Stato fascista, in quanto “conquista dello spirito”, “è Stato popolare, e in tal senso Stato democratico per eccellenza.” […]
Gentile riprende la concezione spirituale della Nazione di Mazzini e di Bertrando Spaventa: la Nazione è la coscienza che se ne ha; coscienza continua della propria appartenenza ad una comunità politica, che ha identità di territorio, di cultura, di destino storico; coscienza continua dei propri doveri patriottici, della necessità di subordinare gli egoismi particolari all’interesse pubblico.
Su queste basi la nazione non è un dato di fatto scontato, ma un’elaborazione del pensiero che deve ramificarsi in ogni anfratto della vita nazionale grazie ad un sistema educativo funzionante.
E lo Stato, se vuole veramente essere Stato nazionale e raccogliere il contributo di tutti gli italiani, deve consentire ai filosofi, agli uomini di cultura, di esprimersi in un’essenziale, costruttiva libertà di pensiero ed essere Stato educativo, che promuove costantemente la coscienza nazionale attraverso una scuola ben funzionante.
Ogni italiano è chiamato ad essere tale sapendo di esserlo, operando, a qualsiasi livello, come tale. L’italiano o il tedesco sono tali se la coscienza della loro italianità o della loro appartenenza germanica rimane viva e desta e ispira la loro azione: questa continua e vigile coscienza patriottica non può essere costruita artificialmente, attraverso operazioni eteronome rispetto alla ragione, o addirittura intenzionalmente rivolte ad agire sulla pura e semplice sfera emotiva, come le parate di regime organizzate da Achille Starace.
Per il rigoroso razionalismo fichtiano di Gentile, la coscienza patriottica esige lo stesso autonomo sforzo di pensiero autocostrittivo e autocostruttivo della coscienza morale. Essere italiani e vivere da italiani nasce dalla libertà interiore della coscienza, che sa una necessità feconda i propri doveri verso la Nazione e li vuole espletare.
E’ questo il “circolo infrangibile” fra “l’autorità dello Stato e la libertà dei cittadini” di cui scrive Gentile. Egli comprende sin dall’inizio che lo Stato nazionale e popolare esiste se i cittadini lo vogliono autonomamente creare. In caso contrario è una parata militare, un organismo di facciata che crolla con le prime difficoltà sul fronte greco albanese: “la libertà è solo nello Stato, e lo Stato è autorità; ma lo Stato non è un’astrazione, un ente disceso da cielo e campato in aria sulle teste dei cittadini”.
Lo Stato “è tutt’uno con la personalità del singolo, che deve però promuovere, cercare, riconoscere, sapendo che c’è in quanto si fa essere.”
Insomma lo Stato può essere autoritario e totalitario quanto si vuole, può organizzare tutte le parate possibili e immaginarie, accendere per attimo fantasie e speranze con le cartoline d’Africa, ma se non conquista e attiva la mente e i cuori dei cittadini non esiste; e per conquistarli e attivarli occorre promuoverne la crescita materiale e spirituale; economica, sociale e culturale. E su questo terreno entra in gioco il Corporativismo.
Lo Stato fascista è popolare e democratico, promuove la personalità del singolo, ne conquista la mente e il cuore, in quanto Stato corporativo del lavoro.
Prima di argomentare più dettagliatamente la questione del Corporativismo è necessario precisare due questioni strettamente correlate: primo, lo Stato etico gentiliano appare dedotto e giustificato in base alle legge morale; secondo, in tutti gli scritti politici, Gentile dà l’idea di considerarlo un’idealità regolativa, al pari della stessa coscienza morale. Coscienza morale e Stato etico non sono mai un acquisizione definitiva, né mai s’immedesimano in una realtà di fatto cristallizzata.
Del resto questa dinamicità assoluta dello spirito è implicita nell’idealismo gentiliano: come l’uomo reale vive in un costante equilibrio dinamico fra Io empirico e Io trascendentale, in un farsi costante demiurgo razionale di se stesso e del proprio mondo sociale, anche lo Stato fascista è un costante perfezionamento di sé verso l’ideale della piena eticità, cui si aggiungerà, dal 1931 al 1944, l’ideale della Corporazione proprietaria e della Socializzazione dei mezzi di produzione. Sono o non sono i comunisti, per l’ultimo Gentile, dei corporativismi impazienti?
In conclusione al capitolo finale, su “Stato e politica”, dei Fondamenti filosofici del diritto del 1937, si afferma che compito primario dello Stato è sollevare “l’individuo dalla sua empirica particolarità all’universalità essenziale che conferisce alla sua azione un valore morale e perciò politico, o meglio più intensamente morale e più energicamente politico.”
E’ chiaro che lo Stato si assume il compito di istituzionalizzare e generalizzare ad un intero popolo il rapporto pedagogico che deve innalzare le coscienze empiriche alla già definita libertà razionale dello “spirito”: la coscienza morale è anche la coscienza politica e patriottica del cittadino attivo di ogni categoria e classe sociale.
Uno Stato simile non può che avere il carattere di idealità regolativa della coscienza morale: scrive Gentile, in un articolo del 1932, su “individuo e Stato”, posto in appendice alla terza e ultima edizione dei Fondamenti filosofici del diritto:
“Quando l’idealista dice individuo = Stato non intende che sia un’identità immediata […] L’identità di cui si parla è essa stessa qualche cosa di reale in quanto si realizza. Il che vuol dire che lo Stato è sempre e non è mai quello Stato che deve essere; né ci potrà mai essere un giorno in cui, compiuto il processo, l’individuo si sia risolto completamente nello ; poiché quel giorno non vi sarebbe più individuo, ma non vi sarebbe neanche Stato.
PER NON SBAGLIARE, PERTANTO, BISOGNEREBBE PARLARE NON D’IDENTITA’, MA D’IDENTIFICAZIONE, CHE E’ RISOLUZIONE INFINITA DELL’INDIVIDUO NELLO STATO.”
In conclusione lo Stato etico gentiliano è sì totalitario, ma non un appiattimento autoritario, statico e livellante degli individui sulle istituzioni, è un processo di reciproco avvicinamento e di continua mediazione fra individuo e gerarchie politiche, fra interessi particolari e interessi generali, che deve stimolare in continuazione la libertà spirituale dell’individuo stesso, quale soggettività razionale autocostruttiva e costruttiva, cosciente dei propri doveri comunitari. Lo Stato etico del Fascismo di Gentile nasce dall’estensione ai rapporti politici del suo originario idealismo pedagogico e morale e si configura come un regno kantiano dei fini.
Le teorie politiche fasciste di Gentile, assimilate e rielaborate dal più avanzato e rivoluzionario Fascismo Corporativo e Sindacale, sono lontane anni luce dal totalitarismo omologante e livellante di certi aspetti delle esperienze comuniste e nazionalsocialiste e, soprattutto, del capitalismo mondialista anglo americano.
Non è affatto casuale che proprio Gentile, con l’esplicito intento di costruire una coscienza nazionale unitaria, che stesse alla base del suo mirabile edificio educativo, raccolse attorno ai lavori dell’Enciclopedia Treccani tutte le migliori menti del Paese, senza distinzione di fede religiosa e di appartenenza politica. […]
Lo Stato etico, quale processo infinito d’identificazione fra individuo e comunità nazionale, particolare e universale, è dunque uno Stato etico praticabile, contrapposto alle spinte più esageratamente utopiche del comunismo sovietico.
Non poteva che avere, quale terreno di concretizzazione nella vita reale delle persone, il Corporativismo più intransigente.
Infatti esso sorge, fra il 1918 e il 1919, in tutta l’Europa, come progetto socialista praticabile e concreto, in grado di valorizzare le competenze gestionali, tecniche e intellettuali necessarie allo sviluppo dell’economia di una Nazione, in una prospettiva di socializzazione compartecipativa dei mezzi produzione.
Nella Dottrina del Fascismo, si afferma che, solo attraverso il sindacato e il sistema corporativo, l’autorità dello Stato si sintetizza “alla realtà concreta dell’individuo.” […]
Il discorso torna nuovamente sulla idealità regolativa dello Stato etico. Il Corporativismo è chiamato a dare concretezza all’identificazione individuo e Stato, ponendosi sul terreno dei rapporti economici e dei conflitti di lavoro, ma è esso stesso un processo aperto, indefinitamente progredente, “un approssimarsi a quella immanenza dello Stato nell’individuo, che è la condizione della forza, e cioè dell’essenza dello Stato, e della libertà degli individui”.
Nel già citato articolo del 1932, Gentile interviene direttamente a difesa dell’idea di “Corporazione proprietaria”, avanzata da Ugo Spirito, al Convegno corporativo di Ferrara, e che aveva scatenato le ire della Confindustria. Vi afferma chiaramente che la “Corporazione proprietaria”, cioè la piena “socializzazione e statizzazione corporativa” dei mezzi di produzione, è un principio “in atto”; un modello ideale che stimola un continuo perfezionamento del sistema verso il Corporativismo integrale. il Corporativismo è lo Stato etico divenuto “principio di economia politica”. In quanto si muove a colpire gli interessi “di grassi speculatori dell’industria e del commercio”, e procedendo a integrare proprietà e interessi privati negli organi corporativi dello Stato, “il sistema corporativo sboccherà nella corporazione proprietaria.”
Tutte queste riflessioni avranno la loro sintesi più compiuta nella Genesi e struttura della società del 1944, scritta poco prima del suo olocausto personale nel quadro di un’Italia invasa, calpestata e bombardata dalle orde multietniche alleate.
In questa sua ultima opera Gentile l’Io trascendentale diviene un Noi, società trascendentale.
Di conseguenza ogni persona reca in sé necessariamente il rapporto sociale: individuo e libertà individuale vanno collocati necessariamente in un contesto istituzionale e comunitario.
In che modo l’Io trascendentale è società trascendentale? L’Io è soggetto che pone in sé “l’alter”, l’oggetto: lo si vede nel bambino che tocca il giocattolo, nel poeta che parla alla luna; questi oggetti con un atto spirituale sono posti come alter di sé. L’oggetto così posto in sé stessi si rivela soggettività dialogante con l’Io e nell’Io; l’alter diventa socius: il giocattolo parlerà al bambino e il bambino, anche se solo, diventa una relazione sociale, una piccola società dialogante, ciò vale a maggior ragione per il poeta e, al massimo livello, per il filosofo che dialoga in se stesso con le proprie meditazioni.
Scrive Gentile, “la logica dell’atto spirituale importa che la cosa diventi alter, e l’alter si avvicini e parli e collabori col soggetto in una vita spirituale comune.” […] Essendo ogni persona espressione di questa società trascendentale (che è lo stesso pensiero in atto a dialogare in se stesso e con se stesso), la coscienza empirica trova un modello di superamento “delle estraneità empiriche fra Tizio e Caio”, per dialogare e collaborare con il prossimo nella comunità sociale e istituzionale in cui è nato ed è inserito: la libertà individuale si esercita non nell’asociale logica del consumo materiale e del profitto privato, ma in uno sforzo continuo, rigoroso e cosciente, di socializzazione fraterna e patriottica.
Conclusione: la società ha un’origine trascendentale, è la stessa attività sintetica apriori –pensiero in atto- dell’Io trascendentale; la libertà individuale si esercita entro la società e le sue istituzioni, non contro di esse, delimitando un’astratta sfera individuale intangibile, che poi di fatto si traduce nel carrello del supermercato e/o nella più squallida trasgressione omosessuale.
[…] Gentile procede a identificare lo Stato con la dialettica fra governo e governanti. Lo stato è volontà, come volontà permanentemente in atto, si esprime nel sistema legislativo ma né si irrigidisce né si fossilizza in esso, lo rielabora continuamente in base ai mutamenti continui della storia.
Questa continua attività legislativa esige il consenso dei governanti, “senza il quale il governo non si regge” e la “moralità” dello stato implica una massimo di spontaneità e un minimo di coazione nel consenso, con un chiaro riferimento critico allo staracismo e ai settori fascisti che intendevano costruire il consenso su miti e cerimoniali ripetitivi. […]
Infine, il testo affronta i problemi del governo dell’economia e della rappresentanza del mondo della produzione e del lavoro.
L’attività economica è espressione spirituale del pensiero in atto quando non è subordinata al profitto privato e al godimento dei beni materiali, perché ricadrebbe nel meccanismo naturale. L’attività economica deve diventare un creare, un fare, in sé fonte di piacere per produttori e lavoratori, in sé già superamento delle logiche utilitaristiche ed egoistiche che nascono dalla componente naturale ed empirica dell’individuo.
Essa quindi deve svilupparsi in un quadro mentale e culturale di forte delimitazione del profitto privato e, di conseguenza, dei contrasti di classe. […] Lo Stato dunque è chiamato a governare le attività economiche, conferendo ad esse piena forma universale, etica: è la politica a dettar legge all’economia e non l’inverso. Gentile respinge apertamente la pretesa dell’ “economia pura” di interferire nella politica e di dettar leggi allo stato. Essa ignora i problemi sociali generati dai rapporti economici e crea contrasti insanabili fra economisti puri (con il ché designa i liberisti come Einaudi, già duramente criticati da Ugo Spirito all’inizio degli anni ’30) “e gli uomini politici che sentono il pesante fardello delle loro responsabilità verso la vita sociale”.
Con questo carattere “utile”, non “utilitaristico”, e nel quadro dello stato che la regola, l’attività economica permette a chi lavora di innalzarsi al regno dello spirito, “dove il mondo è quello che egli crea pensando: il suo mondo, sé stesso. Ogni lavoratore è faber fortunae suae, anzi, faber sui ipsius.”
Lo Stato non può più essere Stato del cittadino astratto, come sorto dalla Rivoluzione francese, deve essere stato del lavoratore concreto, “quale esso è, con i suoi interessi differenziati secondo le naturali categorie che a mano a mano si vengono costituendo” […] Lo Stato corporativo è Stato del lavoro: deve dare rappresentanza ai lavoratori, alle categorie in cui s’inseriscono in base alla concreta professione svolta, e conciliarne gli interessi.
Lo stato moderno, lo stato libero è lo stato che conferisce centralità e rappresentanza all’uomo che lavora e alle categorie in cui si colloca ed esprime la sua attività.
Con ciò, con il concorso decisivo delle rappresentanze delle categorie, le istituzioni dello stato devono regolare l’economia, dare piena forma universale ed etica ad essa, cioè conciliare gli interessi sociali e categoriali divergenti, porre lo sviluppo al servizio della comunità, come aveva già indicato Hegel sin dagli scritti del 1802.
Un vero stato libero è uno stato “della libertà aderente alle effettive determinazioni del popolo, a cui si deve attribuire questa libertà.”
“Lo Stato libero, lo Stato dell’uomo che lavora, deve tener conto di questa essenza economica e morale del lavoro, come di necessità esso si differenzia nel sistema dell’economia nazionale.”
Potremmo facilmente parlarne come la più estrema forma di idealismo, e nel contempo come di un umanesimo integrale, che divinizza l’uomo e il suo mondo, lo intende erigere, con un’istanza volitiva estrema desunta dall’imperativo categorico fichtiano di Jena, ad unico Artefice dei propri destini individuali, sociali e storici.
Questa filosofia idealistica della prassi nasce dunque sul terreno di una lettura in senso accentuatamente fichtiano dell’idealismo di Hegel, nel solco già tracciato dalla Sinistra hegeliana e dal giovane Marx. Come sottolineava Lukàcs, gli autori della Sinistra hegeliana, intrecciando Hegel con Fichte, intendevano dinamizzarne la concezione dell’assoluto e della storia, sino a ricavare dalla dialettica hegeliana, con piena coerenza teorica, una visione dell’uomo come prassi cosciente, attività auto formativa e formativa, creativa di sé e del proprio mondo, che è propria della filosofia fichtiana di Jena.
Non è dunque casuale che il primo scritto, con il quale Gentile si presenta al grande pubblico, sia proprio un confronto con Marx e con il Materialismo storico. Ivi Gentile rivendica la centralità complessiva del concetto di “prassi” per la filosofia e il carattere di “filosofia della prassi” del pensiero del primo Marx, in base alle Tesi su Feuerbach del 1844…La conoscenza come prassi è, ad esempio, al centro della critica di Vico a Cartesio. Se la prassi vichiana era “operare della mente dell’uomo”, in Marx è attività lavorativa che parte dai bisogni materiali ed ha una dimensione sociale…la conoscenza non è mai data, è un processo spirituale di produzione e di riproduzione, e lo spirito umano è sempre vigile, attivo, creativo in ogni atto teoretico e la verità non è mai un dato statico.
In questo processo produttivo, soggetto e oggetto sono in mutua relazione: l’autoformazione del soggetto è la formazione dell’oggetto e la conoscenza è sviluppo continuo, radicato nel fare del soggetto “che forma se stesso, formando l’oggetto”. che può vagare isolatamente nei boschi, e la società è negata nella sua necessità, ridotta a fatto accidentale: nasce da un contratto sociale, stipulato dalla massa degli individui empirici isolati, che potrebbero anche decidere il contrario o ritornare sulla loro decisione…
La prassi e l’uomo come prassi sono la completa indipendenza della coscienza razionale nel suo farsi, decidersi e decidere, costruirsi e costruire: deve prescindere ed astrarre da ogni condizionamento esteriore, trasmesso dalla sensibilità, sia esso condizionamento dell’impulso materiale edonistico, sia esso condizionamento dell’ambiente socio culturale.
In ciò è evidente il riferimento alla versione attivistica e demiurgica dell’imperativo categorico kantiano, presente nello Fichte delle opere jenesi: “io devo agire, affinché io diventi libero”. La prassi non può dunque essere minimamente dedotta dalla natura esteriore e dalle sue leggi necessarie, è espressione immanente di un principio ontologicamente superiore, come scritto chiaramente da J Evola, nelle opere filosofiche del 1924-1925, i Saggi sull’idealismo magico, la Teoria e Fenomenologia dell’individuo assoluto.
Nei Saggi, egli scrive che “l’Io è...l’etere infinito che sottende ogni determinazione”; non può mai né essere determinato né essere compreso dall’universo, ma anzi “comprende questo dentro di sé”. Ancor più chiaramente, in alcuni passi della Fenomenologia si afferma la più assoluta indipendenza di ogni atto di volontà, e dunque di azione e costruzione umana rispetto a ogni legge della natura. Il telos del mio agire non è in nessun modo comandato dal determinismo naturale, al contrario “tutto il mondo è ad ogni momento appeso al mio volere e al mio agire”. Non solo l’azione della mia coscienza non è comandata da alcuna legge naturale, ma sono deliberazione della volontà e atto cosciente a farle operare: sono io che in questo momento decido di scrivere e scrivo, utilizzando a comando leggi chimiche e meccaniche dei miei organi cerebrali e manuali, in base ad una forza superiore in me operante, già citata come “etere”, che comanda l’impulso e la natura, piega a sé ogni fattore ambientale: l’uomo è prassi in quanto spirito, in quanto non si fa mai trascinare da nulla di esterno alla propria volontà… Il pensare è la prassi, precedentemente analizzata.
Il pensiero è spirito, un fare cosciente e voluto: un’attività creativa in perenne auto svolgimento, costantemente creativa e unitaria; il pensiero fa, costruisce, mantenendo in sé ogni sua espressione e creazione, creandone continuamente altre, dunque mantenendosi di continuo in unità con sé e in costante attività. Questo pensiero-prassi, che pensando costruisce, che non consente ad alcuna sua determinatezza di uscire dal cerchio della sua unità logico-dinamica, è definito auto concetto o atto puro, e ricorda la vorticosità dell’Io puro di Fichte: tutto poneva, tutto tratteneva in sé, nulla traluceva all’esterno di sé, il cosmo era una pura costruzione logico trascendentale, come lo è per Gentile. Un principio talmente compatto e in auto movimento che rischia di sfuggire ad una vera comprensione concettuale –come evidenzierà proprio Evola- e soprattutto ad una esposizione chiara, esaustiva, didatticamente efficace.
Il principio del pensiero come atto puro e auto concetto, fondamento, cuore pulsante, essenza dinamica di tutto l’idealismo gentiliano della maturità, è già chiaramente esposto nella “Prolusione” sul il concetto di storia della filosofia letta il 10 gennaio 1907 all’Università di Palermo; “Prolusione” inserita ne La riforma della dialettica hegeliano del 1913, ove tutte le questioni ad esso inerenti sono svolte logicamente e storicamente. […] Nella Teoria generale dello spirito come atto puro, la cui prima edizione risale al 1916, Gentile precisa i caratteri del suo attualismo, operando la nota distinzione fra Io trascendentale e Io empirico. Il pensiero in atto è l’Io trascendentale, unitario e universale; “l’unità infinita dello spirito”, distinto dall’Io empirico, dalla concretezza della singola persona in carne ed ossa, scissa in ragione e sensibilità, contrapposta all’oggettività percepita empiricamente.
La distinzione non sfocia nella separazione ontologica e nella trascendenza del platonismo: l’Io trascendentale è un principio di assoluta spiritualità immanente agli uomini, che li sottrae ad ogni condizionamento della datità esteriore e li erige a soggetti razionali liberi, nel senso già precisato. Di fatto l’uomo reale, l’individuo vive in questo equilibrio dinamico fra Io trascendentale ed Io empirico, come l’Io concreto e finito del terzo principio della Dottrina della scienza fichtiana del 1794.
Torneremo sulla questione. […] L’unità dello spirito, quale Io trascendentale, è certamente immoltiplicabile ed infinita: “la vita, la realtà, la concretezza dell’attività spirituale è nell’unità; e non si ha la molteplicità se non uscendo dalla vita, e fissando le morte astrazioni risultanti dall’analisi”.
Ciò non significa che la natura e la molteplicità delle coscienze empiriche non esistano materialmente, ma che, quest’ultime, lasciate alle sollecitazioni della sensibilità e della datità esteriore, al di fuori di ogni sforzo pensante, non hanno un significato spirituale, e dunque umano. Un degrado della coscienza alla vita animale su cui avrebbe potuto convergere anche Marx, nei Manoscritti economico filosofici del 1844.[…]
L’idealismo gentiliano di questa fase, prima della svolta fascista e dell’incontro di Gentile con le tematiche dello Stato Corporativo del Lavoro, è un idealismo morale e pedagogico. Nessun dubbio che in esso prevalga il principio dell’unità assoluta e assolutamente in atto, l’Io trascendentale sull’Io empirico, una legge morale che chiede alle persone una piena uniformità di vita razionale che culmina nella filosofia come atto educativo. Ma l’uniformità all’unità dell’atto è ancora marginale rispetto al piano politico e s’identifica pienamente con la libertà razionale della coscienza, unendo le istanze del razionalismo etico kantiano con quelle dell’attivismo volontaristico fichtiano. Emblematica la seguente citazione: “la personalità, ogni determinata personalità, non si può pensare che si costituisca se non in virtù delle sue proprie forze, le quali assommano nel pensiero.”
L’unità dell’atto non è proiettata verso una Volksgemeinschaft organicistica e romantica, ma verso l’autocostrizione razionale di sé, in sé e in ogni momento della propria vita. Condizione spirituale mai data una volta per tutte, mai cristallizzata in un dato positivo immutabile, ma da costruirsi costantemente nella vita della coscienza personale: un suo “farsi” “spirito” che fa oscillare quest’ultimo fra un piano di immanenza concreta e operante e un piano trascendentale di idealità regolativa kantiana
Con queste caratterizzazioni fichtiane, l’unità dell’atto, o spirito, o auto concetto, o Io trascendentale è principio immanente la molteplicità delle coscienze, ove si concreta e manifesta come l’Assoluto di Hegel, ed è idealità regolativa kantiana; tale e tanta è la sua assolutezza dinamica, razionale e unitaria, da costituire sempre una conquista umana, giorno per giorno, attimo per attimo. […]
L'Io trascendentale è legge immanente alle coscienze empiriche e le deve destare ad una costante attività e autocostrizione razionale, che pretende di annullare ogni elemento non egotico, istinti, bisogni materiali, interessi privati.
La libertà dell’Io fichtiano non conosce mediazioni con la sensibilità; il suo “sforzo” egotico è privo di spontaneità e di momenti di quiete.
A livello etico e politico può significare un ritorno alla libertà antica come assoluta Virtù, assoluta dedizione patriottica, difficilmente raggiungibile da tutti coloro che compongono la comunità nazionale. Ricade nell’utopia giacobina più nobile ma anche più radicale e antistorica. Gentile troverà una soluzione a queste difficoltà e un maggiore equilibrio, sul piano etico, fra individualità e totalità, guardando allo Stato etico idealistico come ad un’idealità regolativa da conseguire, in un continuo sforzo di volontà collettiva e organizzata, e sviluppando le tematiche concrete del Corporativismo.
Su questa linea giungerà a dare veste compiuta alle teorie politiche fasciste nell’ultima sua grande e dimenticata opera, Genesi e struttura della società. […]
Gentile torna sui caratteri del suo idealismo “attuale” o “attualismo” in uno scritto del 1926. L’anno dopo apparirà la Dottrina del fascismo.
Siamo dunque nel periodo in cui egli comincia a misurarsi con le questioni politiche e con il Corporativismo. Se ne vedono i risultati fecondi anche sul piano teoretico, perché, proprio nello scritto in questione, egli passa da un idealismo pedagogico ed elitario, ad un idealismo umanistico e sociale, rivalutando ogni attività lavorativa e produttiva.
A questo punto, non solo la cultura e l’attività teoretico educativa sono prassi e manifestazioni del pensiero in atto, ma la totalità dell’agire umano, dal lavoro contadino all’insegnamento liceale e accademico della storia della filosofia.
La totalità dell’agire umano è “lavoro” nelle sue varie espressioni e categorie, tutte quante degne di essere organizzate e tutelate nel quadro unitario dello Stato Nazionale del Lavoro, come comprese Benito Mussolini, sin dal 1918. [..]
L’idealismo attuale diviene umanesimo integrale: quando si afferma non solo che tutto è pensiero, ma che il pensiero è permanentemente in atto e ogni atto è pensiero (cioè Io trascendentale, spirito, autoconcetto) significa porre alla base della realtà “quello che fa l’uomo…persona, soggetto, autocoscienza…iniziatore assoluto.” Non è casuale lo sforzo storico e critico, costante in Gentile, teso a trovare le radici più lontane dell’idealismo non in Germania, ma in Italia, con la filosofia umanistica e rinascimentale e il pensiero di Giordano Bruno.
L’idealismo attuale è umanesimo integrale, perché valorizza, in questa fase, sia il lavoro materiale sia l’attività culturale, sia i lavoratori sia gli uomini colti, tutti “lavoratori del braccio e delle mente”, secondo la feconda asserzione mussoliniana: è umanesimo del lavoro, che si apre alla questione sociale con il corporativismo di Bottai, di Spirito, il Sindacalismo Nazionale di Rossoni, ed è formazione delle aristocrazie del pensiero che richiama la grande Riforma della scuola e il Liceo Classico:
“La vita dell’uomo… è affermazione di libertà. Che infatti ogni uomo si sforza di conquistare, sia che con la zappa…s’adoperi a trasformare il suolo in docile strumento di soddisfazione de’ propri bisogni, sia che, con l’analisi districando le difficoltà d’un problema speculativo che gl’incomba molesto sull’animo, cerchi nella soluzione di esso la liberazione del suo spirito dal disagio del problema, che gli impedisce l’intelligenza del mondo in cui egli deve vivere.”
Con Hegel, nonostante i limiti che Gentile attribuisce alla sua nozione di eticità, l’idealismo scopre il carattere spirituale dello Stato.
Fichte rimaneva legato ad una visione contrattualistica e negativa dello Stato: era dedotto da una pluralità di individui originariamente indipendenti, nasceva da un loro patto sociale, rimaneva un limite rispetto alla manifestazione dello spirito nell’individuo e nel suo mondo morale. Hegel afferma la piena identità speculativa fra Stato e individuo […]
Lo Stato etico idealista è libertà concreta dell’individualità. Posta così la questione […] sembra facile vedere nella teoria politica gentiliana un totalitarismo dispotico, che appiattisce l’individuo sulle istituzione e nega ogni forma di libertà. Le cose non sono così semplici.
Sin dal 1925, anno di svolta del Fascismo e anno in cui matura la piena identità fra Gentile e Fascismo, il filosofo siciliano riflette con sempre maggiore profondità e precisione sui caratteri del totalitarismo fascista, sui rapporti fra “l’autorità dello Stato e la libertà dei cittadini”, sul problema del corporativismo.
Proprio nell’anno in questione, Gentile tiene una conferenza all’Università della Casa del Fascio di Bologna, sul tema “Libertà e Liberalismo”, ove intende precisare che lo Stato fascista è autentico Stato liberale, in quanto realizza in sé la concezione moderna della libertà come “spirito umano” che “assoggetta” a sé ogni esteriorità, proponendosi in qualità di Io fichtiano, o per essere più conforme alla terminologia attualista di un “farsi individuo”, di un tendere al piano trascendentale del pensiero permanentemente in atto. […] Solo su questo terreno può crescere quella umanità, contraddistinta da continua attività razionale, creativa e volitiva, da slanci per l’ideale, da coscienza dei propri doveri patriottici, proposta dall’imperativo categorico fichtiano e dall’idealismo mazziniano come autentica umanità emancipata.
Questa libertà dell’uomo di autocostruirsi razionalmente, di essere sempre demiurgo di sé e del proprio mondo in una intersoggettività nazionale, è vera libertà di pensiero: essere liberi di pensare non è certo essere liberi di esprimere e di fare tutto ciò che casualmente passa per la testa; in quanto ciò che passa casualmente per la testa nasce da una determinazione della esteriorità, non è coscienza pensante. Lo Stato fascista è autentico liberalismo perché promuove questa condizione di pensiero attivo in tutte le categorie sociali, per superare gli antagonismi di interesse che contraddistinguono lo Stato liberale.
Nelle Origini e dottrina del Fascismo, del 1927, Gentile approfondisce la riflessione sul rapporto autorità dello Stato e libertà dell’individuo, partendo dal netto rifiuto delle dottrine politiche dei nazionalisti.
Tali dottrine, partendo da un’idea naturalistica e positivista di nazione, come “territorio”, “stirpe”, “lingua”, “storia” – tutti elementi o puramente naturali o dati di fatto acquisiti meccanicamente dalle coscienze - favoriscono la nascita di uno Stato autoritario e aristocratico.
All’opposto lo Stato fascista, in quanto “conquista dello spirito”, “è Stato popolare, e in tal senso Stato democratico per eccellenza.” […]
Gentile riprende la concezione spirituale della Nazione di Mazzini e di Bertrando Spaventa: la Nazione è la coscienza che se ne ha; coscienza continua della propria appartenenza ad una comunità politica, che ha identità di territorio, di cultura, di destino storico; coscienza continua dei propri doveri patriottici, della necessità di subordinare gli egoismi particolari all’interesse pubblico.
Su queste basi la nazione non è un dato di fatto scontato, ma un’elaborazione del pensiero che deve ramificarsi in ogni anfratto della vita nazionale grazie ad un sistema educativo funzionante.
E lo Stato, se vuole veramente essere Stato nazionale e raccogliere il contributo di tutti gli italiani, deve consentire ai filosofi, agli uomini di cultura, di esprimersi in un’essenziale, costruttiva libertà di pensiero ed essere Stato educativo, che promuove costantemente la coscienza nazionale attraverso una scuola ben funzionante.
Ogni italiano è chiamato ad essere tale sapendo di esserlo, operando, a qualsiasi livello, come tale. L’italiano o il tedesco sono tali se la coscienza della loro italianità o della loro appartenenza germanica rimane viva e desta e ispira la loro azione: questa continua e vigile coscienza patriottica non può essere costruita artificialmente, attraverso operazioni eteronome rispetto alla ragione, o addirittura intenzionalmente rivolte ad agire sulla pura e semplice sfera emotiva, come le parate di regime organizzate da Achille Starace.
Per il rigoroso razionalismo fichtiano di Gentile, la coscienza patriottica esige lo stesso autonomo sforzo di pensiero autocostrittivo e autocostruttivo della coscienza morale. Essere italiani e vivere da italiani nasce dalla libertà interiore della coscienza, che sa una necessità feconda i propri doveri verso la Nazione e li vuole espletare.
E’ questo il “circolo infrangibile” fra “l’autorità dello Stato e la libertà dei cittadini” di cui scrive Gentile. Egli comprende sin dall’inizio che lo Stato nazionale e popolare esiste se i cittadini lo vogliono autonomamente creare. In caso contrario è una parata militare, un organismo di facciata che crolla con le prime difficoltà sul fronte greco albanese: “la libertà è solo nello Stato, e lo Stato è autorità; ma lo Stato non è un’astrazione, un ente disceso da cielo e campato in aria sulle teste dei cittadini”.
Lo Stato “è tutt’uno con la personalità del singolo, che deve però promuovere, cercare, riconoscere, sapendo che c’è in quanto si fa essere.”
Insomma lo Stato può essere autoritario e totalitario quanto si vuole, può organizzare tutte le parate possibili e immaginarie, accendere per attimo fantasie e speranze con le cartoline d’Africa, ma se non conquista e attiva la mente e i cuori dei cittadini non esiste; e per conquistarli e attivarli occorre promuoverne la crescita materiale e spirituale; economica, sociale e culturale. E su questo terreno entra in gioco il Corporativismo.
Lo Stato fascista è popolare e democratico, promuove la personalità del singolo, ne conquista la mente e il cuore, in quanto Stato corporativo del lavoro.
Prima di argomentare più dettagliatamente la questione del Corporativismo è necessario precisare due questioni strettamente correlate: primo, lo Stato etico gentiliano appare dedotto e giustificato in base alle legge morale; secondo, in tutti gli scritti politici, Gentile dà l’idea di considerarlo un’idealità regolativa, al pari della stessa coscienza morale. Coscienza morale e Stato etico non sono mai un acquisizione definitiva, né mai s’immedesimano in una realtà di fatto cristallizzata.
Del resto questa dinamicità assoluta dello spirito è implicita nell’idealismo gentiliano: come l’uomo reale vive in un costante equilibrio dinamico fra Io empirico e Io trascendentale, in un farsi costante demiurgo razionale di se stesso e del proprio mondo sociale, anche lo Stato fascista è un costante perfezionamento di sé verso l’ideale della piena eticità, cui si aggiungerà, dal 1931 al 1944, l’ideale della Corporazione proprietaria e della Socializzazione dei mezzi di produzione. Sono o non sono i comunisti, per l’ultimo Gentile, dei corporativismi impazienti?
In conclusione al capitolo finale, su “Stato e politica”, dei Fondamenti filosofici del diritto del 1937, si afferma che compito primario dello Stato è sollevare “l’individuo dalla sua empirica particolarità all’universalità essenziale che conferisce alla sua azione un valore morale e perciò politico, o meglio più intensamente morale e più energicamente politico.”
E’ chiaro che lo Stato si assume il compito di istituzionalizzare e generalizzare ad un intero popolo il rapporto pedagogico che deve innalzare le coscienze empiriche alla già definita libertà razionale dello “spirito”: la coscienza morale è anche la coscienza politica e patriottica del cittadino attivo di ogni categoria e classe sociale.
Uno Stato simile non può che avere il carattere di idealità regolativa della coscienza morale: scrive Gentile, in un articolo del 1932, su “individuo e Stato”, posto in appendice alla terza e ultima edizione dei Fondamenti filosofici del diritto:
“Quando l’idealista dice individuo = Stato non intende che sia un’identità immediata […] L’identità di cui si parla è essa stessa qualche cosa di reale in quanto si realizza. Il che vuol dire che lo Stato è sempre e non è mai quello Stato che deve essere; né ci potrà mai essere un giorno in cui, compiuto il processo, l’individuo si sia risolto completamente nello ; poiché quel giorno non vi sarebbe più individuo, ma non vi sarebbe neanche Stato.
PER NON SBAGLIARE, PERTANTO, BISOGNEREBBE PARLARE NON D’IDENTITA’, MA D’IDENTIFICAZIONE, CHE E’ RISOLUZIONE INFINITA DELL’INDIVIDUO NELLO STATO.”
In conclusione lo Stato etico gentiliano è sì totalitario, ma non un appiattimento autoritario, statico e livellante degli individui sulle istituzioni, è un processo di reciproco avvicinamento e di continua mediazione fra individuo e gerarchie politiche, fra interessi particolari e interessi generali, che deve stimolare in continuazione la libertà spirituale dell’individuo stesso, quale soggettività razionale autocostruttiva e costruttiva, cosciente dei propri doveri comunitari. Lo Stato etico del Fascismo di Gentile nasce dall’estensione ai rapporti politici del suo originario idealismo pedagogico e morale e si configura come un regno kantiano dei fini.
Le teorie politiche fasciste di Gentile, assimilate e rielaborate dal più avanzato e rivoluzionario Fascismo Corporativo e Sindacale, sono lontane anni luce dal totalitarismo omologante e livellante di certi aspetti delle esperienze comuniste e nazionalsocialiste e, soprattutto, del capitalismo mondialista anglo americano.
Non è affatto casuale che proprio Gentile, con l’esplicito intento di costruire una coscienza nazionale unitaria, che stesse alla base del suo mirabile edificio educativo, raccolse attorno ai lavori dell’Enciclopedia Treccani tutte le migliori menti del Paese, senza distinzione di fede religiosa e di appartenenza politica. […]
Lo Stato etico, quale processo infinito d’identificazione fra individuo e comunità nazionale, particolare e universale, è dunque uno Stato etico praticabile, contrapposto alle spinte più esageratamente utopiche del comunismo sovietico.
Non poteva che avere, quale terreno di concretizzazione nella vita reale delle persone, il Corporativismo più intransigente.
Infatti esso sorge, fra il 1918 e il 1919, in tutta l’Europa, come progetto socialista praticabile e concreto, in grado di valorizzare le competenze gestionali, tecniche e intellettuali necessarie allo sviluppo dell’economia di una Nazione, in una prospettiva di socializzazione compartecipativa dei mezzi produzione.
Nella Dottrina del Fascismo, si afferma che, solo attraverso il sindacato e il sistema corporativo, l’autorità dello Stato si sintetizza “alla realtà concreta dell’individuo.” […]
Il discorso torna nuovamente sulla idealità regolativa dello Stato etico. Il Corporativismo è chiamato a dare concretezza all’identificazione individuo e Stato, ponendosi sul terreno dei rapporti economici e dei conflitti di lavoro, ma è esso stesso un processo aperto, indefinitamente progredente, “un approssimarsi a quella immanenza dello Stato nell’individuo, che è la condizione della forza, e cioè dell’essenza dello Stato, e della libertà degli individui”.
Nel già citato articolo del 1932, Gentile interviene direttamente a difesa dell’idea di “Corporazione proprietaria”, avanzata da Ugo Spirito, al Convegno corporativo di Ferrara, e che aveva scatenato le ire della Confindustria. Vi afferma chiaramente che la “Corporazione proprietaria”, cioè la piena “socializzazione e statizzazione corporativa” dei mezzi di produzione, è un principio “in atto”; un modello ideale che stimola un continuo perfezionamento del sistema verso il Corporativismo integrale. il Corporativismo è lo Stato etico divenuto “principio di economia politica”. In quanto si muove a colpire gli interessi “di grassi speculatori dell’industria e del commercio”, e procedendo a integrare proprietà e interessi privati negli organi corporativi dello Stato, “il sistema corporativo sboccherà nella corporazione proprietaria.”
Tutte queste riflessioni avranno la loro sintesi più compiuta nella Genesi e struttura della società del 1944, scritta poco prima del suo olocausto personale nel quadro di un’Italia invasa, calpestata e bombardata dalle orde multietniche alleate.
In questa sua ultima opera Gentile l’Io trascendentale diviene un Noi, società trascendentale.
Di conseguenza ogni persona reca in sé necessariamente il rapporto sociale: individuo e libertà individuale vanno collocati necessariamente in un contesto istituzionale e comunitario.
In che modo l’Io trascendentale è società trascendentale? L’Io è soggetto che pone in sé “l’alter”, l’oggetto: lo si vede nel bambino che tocca il giocattolo, nel poeta che parla alla luna; questi oggetti con un atto spirituale sono posti come alter di sé. L’oggetto così posto in sé stessi si rivela soggettività dialogante con l’Io e nell’Io; l’alter diventa socius: il giocattolo parlerà al bambino e il bambino, anche se solo, diventa una relazione sociale, una piccola società dialogante, ciò vale a maggior ragione per il poeta e, al massimo livello, per il filosofo che dialoga in se stesso con le proprie meditazioni.
Scrive Gentile, “la logica dell’atto spirituale importa che la cosa diventi alter, e l’alter si avvicini e parli e collabori col soggetto in una vita spirituale comune.” […] Essendo ogni persona espressione di questa società trascendentale (che è lo stesso pensiero in atto a dialogare in se stesso e con se stesso), la coscienza empirica trova un modello di superamento “delle estraneità empiriche fra Tizio e Caio”, per dialogare e collaborare con il prossimo nella comunità sociale e istituzionale in cui è nato ed è inserito: la libertà individuale si esercita non nell’asociale logica del consumo materiale e del profitto privato, ma in uno sforzo continuo, rigoroso e cosciente, di socializzazione fraterna e patriottica.
Conclusione: la società ha un’origine trascendentale, è la stessa attività sintetica apriori –pensiero in atto- dell’Io trascendentale; la libertà individuale si esercita entro la società e le sue istituzioni, non contro di esse, delimitando un’astratta sfera individuale intangibile, che poi di fatto si traduce nel carrello del supermercato e/o nella più squallida trasgressione omosessuale.
[…] Gentile procede a identificare lo Stato con la dialettica fra governo e governanti. Lo stato è volontà, come volontà permanentemente in atto, si esprime nel sistema legislativo ma né si irrigidisce né si fossilizza in esso, lo rielabora continuamente in base ai mutamenti continui della storia.
Questa continua attività legislativa esige il consenso dei governanti, “senza il quale il governo non si regge” e la “moralità” dello stato implica una massimo di spontaneità e un minimo di coazione nel consenso, con un chiaro riferimento critico allo staracismo e ai settori fascisti che intendevano costruire il consenso su miti e cerimoniali ripetitivi. […]
Infine, il testo affronta i problemi del governo dell’economia e della rappresentanza del mondo della produzione e del lavoro.
L’attività economica è espressione spirituale del pensiero in atto quando non è subordinata al profitto privato e al godimento dei beni materiali, perché ricadrebbe nel meccanismo naturale. L’attività economica deve diventare un creare, un fare, in sé fonte di piacere per produttori e lavoratori, in sé già superamento delle logiche utilitaristiche ed egoistiche che nascono dalla componente naturale ed empirica dell’individuo.
Essa quindi deve svilupparsi in un quadro mentale e culturale di forte delimitazione del profitto privato e, di conseguenza, dei contrasti di classe. […] Lo Stato dunque è chiamato a governare le attività economiche, conferendo ad esse piena forma universale, etica: è la politica a dettar legge all’economia e non l’inverso. Gentile respinge apertamente la pretesa dell’ “economia pura” di interferire nella politica e di dettar leggi allo stato. Essa ignora i problemi sociali generati dai rapporti economici e crea contrasti insanabili fra economisti puri (con il ché designa i liberisti come Einaudi, già duramente criticati da Ugo Spirito all’inizio degli anni ’30) “e gli uomini politici che sentono il pesante fardello delle loro responsabilità verso la vita sociale”.
Con questo carattere “utile”, non “utilitaristico”, e nel quadro dello stato che la regola, l’attività economica permette a chi lavora di innalzarsi al regno dello spirito, “dove il mondo è quello che egli crea pensando: il suo mondo, sé stesso. Ogni lavoratore è faber fortunae suae, anzi, faber sui ipsius.”
Lo Stato non può più essere Stato del cittadino astratto, come sorto dalla Rivoluzione francese, deve essere stato del lavoratore concreto, “quale esso è, con i suoi interessi differenziati secondo le naturali categorie che a mano a mano si vengono costituendo” […] Lo Stato corporativo è Stato del lavoro: deve dare rappresentanza ai lavoratori, alle categorie in cui s’inseriscono in base alla concreta professione svolta, e conciliarne gli interessi.
Lo stato moderno, lo stato libero è lo stato che conferisce centralità e rappresentanza all’uomo che lavora e alle categorie in cui si colloca ed esprime la sua attività.
Con ciò, con il concorso decisivo delle rappresentanze delle categorie, le istituzioni dello stato devono regolare l’economia, dare piena forma universale ed etica ad essa, cioè conciliare gli interessi sociali e categoriali divergenti, porre lo sviluppo al servizio della comunità, come aveva già indicato Hegel sin dagli scritti del 1802.
Un vero stato libero è uno stato “della libertà aderente alle effettive determinazioni del popolo, a cui si deve attribuire questa libertà.”
“Lo Stato libero, lo Stato dell’uomo che lavora, deve tener conto di questa essenza economica e morale del lavoro, come di necessità esso si differenzia nel sistema dell’economia nazionale.”
PAZZESCO: RENZO BOSSI SI E' LAUREATO IN ALBANIA CON I SOLDI DELLA LEGA...
DA SITO corriere.it
Renzo Bossi
MILANO - Agli atti delle procure di Napoli e Milano c'è un diploma universitario che Renzo Bossi ha conseguito in Albania (guarda la foto).
È stato trovato dalla Gdf nella cassaforte di Belsito dove era
custodita la cartella «The Family». E il sospetto è che il corso sia
stato pagato con i fondi della Lega. Si tratta di un diploma di laurea
di primo livello, paragonabile probabilmente a una laurea triennale
italiana, ottenuto da Renzo Bossi il 29 settembre del 2010 presso
l'Università «Kristal» di Tirana. Il Tota si è laureato in gestione
aziendale alla facoltà di Economia aziendale della capitale albanese.
IL DIPLOMA DI MOSCAGIURO - L'atto è stato acquisito dai
magistrati di Milano e Napoli che stanno indagando sull'ex tesoriere del
partito. Sono in corso accertamenti per verificare se il titolo di
studio sia stato acquistato con soldi della Lega Nord. Oltre al diploma
di Renzo Bossi è stato trovato anche un diploma di baccalaureato (guarda la foto)
conseguito da Pierangelo Moscagiuro, in arte Pier Mosca, guardia del
corpo di Rosi Mauro. Il titolo di studio di Moscagiuro è in sociologia
nella facoltà di Scienze politiche, conseguito il 29 giugno 2011.
Conseguita il 29 settembre 2010. Il sospetto: pagata con i soldi del partito. C'è anche un diploma intestato a Moscagiuro

LA DENTISTA CORNIFICATA SI VENDICA STACCANDOLE TUTTI I DENTI
Le vendette femminili possono essere tremende... come la seguente.
Marek Olszewski, un uomo polacco di 45 anni, era fidanzato con una
dentista, poi conosce un'altra donna, se ne innamora e pianta la
fidanzata che, invece, su quella relazione contava di costruire un
futuro.
A pochi giorni dalla rottura, però, per Marek era programmato un intervento dentale nello studio della sua ex fidanzata; perchè annullarlo? Lei gli aveva curato così bene la bocca che riteneva inutile e forse più costoso andare da un altro dentista. Santa ingenuità maschile!
Lei
lo anestetizza per benino; al risveglio l'amara sorpresa: a Marek erano
stati estirpati TUTTI i denti, anche quelli sani. Li cerca con la
lingua... nulla, il deserto.
E le disgrazie non vengono mai sole: la nuova fidanzata lascia di punto in bianco Marek perchè, gli dice, non se la sente di stare con un uomo completamente sdentato. In effetti... pranzare a pappine non è il massimo e, al momento, anche il dialogo ne risente perchè, senza denti, molte consonanti se ne escono snaturate, bizzarre, sibilano invece di esere gutturali o mancano del tutto all'appello... no, non fa buona impressione.

Ancora uno e...
Quanto
alla ex, ovviamente, è indagata per negligenza professionale, danno
provocato ad un paziente e rischia fino a tre anni di carcere. Ma forse,
anche lei si "è tolta un dente" metaforico.
E così, morale della storia, lui ha perso i denti, la dentista e pure la nuova fidanzata ma, soprattutto, trova conferma il detto che nessuno sa far rimanere a bocca aperta come i dentisti.
DAL SITO: http://blog.libero.it/interiorlanding/11273864.html

A pochi giorni dalla rottura, però, per Marek era programmato un intervento dentale nello studio della sua ex fidanzata; perchè annullarlo? Lei gli aveva curato così bene la bocca che riteneva inutile e forse più costoso andare da un altro dentista. Santa ingenuità maschile!

E le disgrazie non vengono mai sole: la nuova fidanzata lascia di punto in bianco Marek perchè, gli dice, non se la sente di stare con un uomo completamente sdentato. In effetti... pranzare a pappine non è il massimo e, al momento, anche il dialogo ne risente perchè, senza denti, molte consonanti se ne escono snaturate, bizzarre, sibilano invece di esere gutturali o mancano del tutto all'appello... no, non fa buona impressione.

Ancora uno e...
E così, morale della storia, lui ha perso i denti, la dentista e pure la nuova fidanzata ma, soprattutto, trova conferma il detto che nessuno sa far rimanere a bocca aperta come i dentisti.
DAL SITO: http://blog.libero.it/interiorlanding/11273864.html
mercoledì 2 maggio 2012
E' LEGGE: LA CANNABIS IN TOSCANA DIVENTA UNA MEDICINA

"Un decreto del ministro della Salute del 2007 rende possibile l’utilizzo dei principi attivi della cannabis nella terapia, ma tali farmaci sono di difficile accesso per le procedure burocratiche richieste (anche 4 mesi di attesa) e perché è necessario acquistarli all’estero – ha ricordato il consigliere Brogi - Il provvedimento prevede la somministrazione dei farmaci cannabinoidi presso le strutture del servizio sanitario regionale, le Asl, le strutture private (che erogano prestazioni in regime ospedaliero). I farmaci sono acquisiti tramite le farmacie ospedaliere. E poi i trattamenti potranno essere continuati anche in sede domiciliare".
Sono un centinaio i pazienti, in tutta Italia, che fanno uso legalizzato di cannabis, come previsto da due decreti del ‘97. ......
dal sito affariitaliani.it
leggi tutto
http://affaritaliani.libero.it/cronache/cannabis-curare020512.html
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