mercoledì 28 marzo 2012

LA FITORIMEDIAZIONE: UN SISTEMA SERIO PER COMBATTERE L'INQUINAMENTO DEL SUOLO


fitorimediazioneI ricercatori della North Carolina State University stanno lavorando per dimostrare che gli alberi possono essere usati per degradare o catturare l’inquinamento dei combustibili che finiscono nel sottosuolo e nelle acque sotterranee. Attraverso un processo chiamatofitorimediazione (letteralmente una tecnica “verde”), le piante e gli alberi rimuovono le sostanze nocive dall’ambiente o le rendono inoffensive.
Attraverso una partnership con agenzie statali e federali del governo, la dottoressa Elizabeth Nichols, docente di tecnologia ambientale al  Dipartimento di Stato per le foreste e le risorse ambientali della North Carolina, e il suo team sta utilizzando la fitorimediazione per ripulire un sito contaminato ad Elizabeth City, NC.
Tale tecnica utilizza le piante per assorbire i metalli pesanti dal suolo tramite le loro radici. Il processo è un’alternativa interessante allo standard dei metodi di pulizia attualmente utilizzati, che sono molto costosi e ad alta intensità energetica. Nei siti adeguati, la fitorimediazione può avere un costo ragionevole e sostenibile. Il sito della Guardia Costiera è stato piantato con una miscela di alberi a veloce crescita, come salici e pioppi ibridi per impedire che i rifiuti residui di carburante entrino nel fiume Pasquotank. Circa 3.000 alberi sono stati piantati sui cinque acri, i quali sono stati in grado di immagazzinare il carburante degli aeromobili per la base della Guardia Costiera dal 1942 fino al 1991.
I combustibili erano stati rilasciati nel suolo e nelle acque sotterranee nel corso del tempo. Gli sforzi per recuperare carburante facilmente estraibile tramite un sistema gratuito di recupero dei prodotti ha avuto una fase di stallo, così come le altre opzioni considerate prima di scegliere la fitorimediazione.

Sapevamo che la crescita degli alberi sarebbe stata difficile su alcune porzioni del sito a causa dei livelli di carburanti nel suolo e delle acque sotterranee, ma, nel complesso, abbiamo pensato che gli alberi potrebbero impedire a questa contaminazione di muoversi verso il fiume con un rallentamento del flusso delle acque sotterranee. Gli alberi hanno bisogno di acqua per la fotosintesi in modo da assorbire l’acqua dal terreno. Tale processo può rallentare la quantità di acqua che scorre a terra verso il fiume.
Spiega la Nichols. Alcuni contaminanti saranno degradati dagli alberi durante questo processo, mentre altri saranno liberati nell’aria tramite foglie e steli. Gli alberi possono anche aumentare l’abbondanza e la diversità dei microrganismi del suolo attorno alle loro radici. Alcuni di questi microrganismi degradano il combustibile ancora presente nel terreno.
I primi risultati della sperimentazione, iniziata nel 2006, sono stati incoraggianti, ma ulteriori studi sono in corso per tentare di confermare le aspettative e provare questo processo anche in altri siti.
Fonte: [Sciencedaily]

LE PROPRIETA' TERAPEUTICHE DELLA FITOTERAPIA: IL ROSMARINO


il-rosmarino-e-le-proprieta-terapeutiche-un-rimedio-naturale-antistress-e-un-ottima-tisana-per-il-fegatoIl mondo delle piante e la Fitoterapia offrono rimedi natutali per ritrovare nuova energia e benessere. Con i ritmi frenetici della vita di oggi, sono soprattuttostanchezza e stress ad incidere sul nostro benessere psicofisico. Sono le donne le prime “vittime” della stanchezza: ne soffre il 65% contro il 35% degli uomini. E non c’è da stu­pirsi, visti i ritmi frenetici impo­sti oggi al “gentil sesso” alle prese col lavoro, la casa e la famiglia.
Il mondo del­la natura e della Fitoterapia offre una quantità di rimedi naturali per il calo di energia. Le piante del benessere, oltre ad essere prive di effetti ne­gativi, sono usate per situazioni specifiche come i cali dell’ umo­re, la stanchezza e i problemi di concentrazione. Una “pianta del benessere” usata in fitoterapia è il Rosmarino.
FITOTERAPIA: IL ROSMARINO E LE PROPRIETA’ TERAPEUTICHE
Spesso madre natura si di­verte a metterci i suoi rimedi naturali migliori sotto il naso, solo che noi non li vediamo. È proprio il caso del ro­smarino, comunissimo aroma usato nella cucina mediterranea, che pos­siede anche notevoli virtù toni­che e disintossicanti, al punto che per gli antichi Egizi il rosmarino era addirittura un simbo­lo di immortalità.
PROPIETA’ TERAPEUTICHE DEL ROSMARINO: ANTISTRESS, DEPURA IL FEGATO E MANTIENE GIOVANI

I compo­nenti del rosmarino agiscono sia dall’ interno sia dall’ esterno con effetti stimolanti ed energetici. Secondo le ricerche, l’ uso regola­re di questa pianta mantiene gio­vani e combatte le défaillances sessuali. Inoltre il rosmarino migliora la circolazione del sangue e aiuta soprat­tutto chi si sente privo di forze per stanchezza, cali di pressione e d’ umore.
Grazie a potenti antiossidanti co­me i flavonoidi, il rosmarino riequilibra e disintossica il fegato, l’ organo che risente maggiormen­te delle tensioni e dello stress. Per questo gli effetti del rosmarino sono profondi e duraturi e si riflettono su tutto l’ organismo, incluse leghiandole surrenali che hanno il compito di difenderci dallo stress.
I RIMEDI NATURALI A BASE DI ROSMARINO
TISANA DI ROSMARINO
II metodo più semplice è la tisana, preparata con un paio di centimetri di rosmarino fresco. Bevete la tisana di rosmarino dopo ogni pasto: è otti­ma e profumata.
ROSMARINO IN ESTRATTO FLUIDO IN ERBORISTERIA
Per una cura ri­costituente più strong, prendete invece il rosmarino in estratto fluido (si compra in erboristeria o nei centri specializzati), 20 gocce tre volte al giorno per al­meno un mese.
Se volete una sferzata di pronta energia mette­te anche qualche goccia di essenza di rosmarino sul guanto della doccia e frizionate la zona dei reni.
PRECAUZIONI: Come tutte le piante stimolanti, il rosmarino va usato con attenzione in caso di pressione alta, di insonnia e in gravidanza.

LE SUORE CHE CURANO LE "PECORE DEL PAPA"

DAL SITO horazym.org
scritto da Angela Ambrogetti


Da 500 anni le monache di Santa Cecilia in Trastevere si prendono cura delle pecorelle che forniscono la lana per le vesti liturgiche di pontefici e vescovi. Ogni 21 gennaio nelle stanze del Palazzo Apostolico in Vaticano si sente un insolito belare. In una grande cesta decorata di fiori bianchi e nastri rossi, due agnellini appena nati vengono presentati al papa. Solennemente trasportata la cesta sale le grandi scalinate cinquecentesche fino alla cappellina a fianco della Biblioteca dove il papa riceve i suoi ospiti. Il pontefice li benedice, li accarezza, recita una preghiera e saluta l’Abadessa del monastero di Santa Cecilia in Trastevere e l’Abate delle Tre Fontane. Un rito antichissimo, che si celebra da più di 500 anni. Anche quest’anno la cerimonia si è ripetuta nella Cappella di Urbano VIII al secondo piano del Palazzo apostolico, splendidamente affrescata da Pietro da Cortona e in genere parte del percorso dei Musei Vaticani. I due agnellini forniscono la lana con la quale si tessono i pallii, strisce di lana bianca con ricamate croci rosse o nere, che il papa impone ai vescovi metropoliti il 29 giugno, il giorno della festa dei Santi Pietro e Paolo patroni delle città di Roma. E’ una delle tradizioni più antiche nella storia della Chiesa cattolica.
Il pallio lo indossano sulla casula, la veste liturgica con cui si celebra la Messa, il papa e i vescovi che guidano le diocesi più grandi e più antiche e con un particolare e storico legame al papato. Le origini di questo indumento si perdono nella notte dei tempi. Qualcuno lo fa derivare dalle vesti dei sacerdoti israeliti, altri dalla sciarpa che indossava l’imperatore romano quando partecipava ad importanti atti pubblici. Sta di fatto che fin dai primi secoli del cristianesimo il pallio fa parte delle vesti dei vescovi e di quello di Roma, il papa, in particolare. La cosa assolutamente certa è che il pallio deve essere di lana. E di una lana particolarmente pura, bianca e trattata secondo regole antiche e precise. A cominciare dalle pecore. Due agnellini erano la tassa che il Monastero di sant’Agnese sulla Nomentana pagava alla Basilica di San Giovanni in Laterano dove risiedeva il papa fin dai tempi della figlia del grande imperatore romano Costantino. Quando il monastero femminile di Sant’Agnese fu chiuso, gli agnelli vennero donati da altri monasteri, ma sempre, nel tragitto che in solenne processione, li portava in Laterano, si sostava sulla tomba della martire Agnese. Poi venivano portati alla monache di Santa Cecilia a Trastevere. Lì vivevano monaci, monache e laici che si dedicavano al lavoro manuale e nel monastero di Santa Cecilia svilupparono l’arte della lana e impararono a curare gli agnelli, a cardare e tessere la lana per il prezioso indumento papale. Dopo la presa di Porta Pia i beni della Chiesa furono espropriati e per qualche tempo fu addirittura il governo italiano a pagare le spese per gli agnellini, poi dal 1909 se ne occuparono i trappisti dell’Abbazia delle Tre Fontane a Roma. La tradizione proseguì.
Oggi gli agnellini, dopo la benedizione del papa, dal Vaticano arrivano a Trastevere accolti dal canto delle monache, lo stesso che per secoli accompagnava la processione per le strade di Roma. Fino a Pasqua la lana viene lasciata crescere con cura. Dopo la tosatura si lava e si asciuga all’aria, ma non al sole, che la farebbe ingiallire. Si passa alla cardatura, fatta ancora con gli antichi procedimenti per renderla soffice, e alla pettinatura fatta con ferri caldi che sciolgono gli ultimi nodi. Poi si fila e si tesse. E si usa ancora un telaio del primo ottocento costruito appositamente per la tessitura del pallio. Tessuto in diagonale con sei croci di lana nera quelli dei vescovi metropoliti, più grande e simile ad una sciarpa con le croci rosse quello del papa. Il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, uno dei patroni di Roma, i pallii vengono portati in Vaticano e restano davanti alla tomba di San Pietro fino alla messa del 29. E’ allora che il papa li dona solennemente ad una ventina di vescovi metropoliti.
Appena eletto Benedetto XVI ne indossò uno che ricordava quelli dei primi secoli cristiani. Nel 2008 scelse una forma più stilizzata, ma diversa da quella del suo predecessore Giovanni Paolo II. Quello indossato il primo giorno papa Ratzinger lo ha voluto posare sull’urna di papa Celestino V quando, il 28 aprile del 2009, si fermò davanti alle rovine della basilica di Collemaggio e alle tende dei terremotati dell’Aquila.

martedì 27 marzo 2012

GLI INDIANI D'AMERICA ED IL CAVALLO....


Gli indiani, il cavallo e altri animali

Indiani a cavalloCon l’arrivo dell’uomo bianco, le culture, il modo di vita e persino le tradizioni dei Nativi mutarono radicalmente. Il principale elemento di trasformazione fu rappresentato dal cavallo. Originario dell’America, questo animale scomparve in epoca preistorica, spostandosi nelle terre del Vecchio Mondo. Con l’arrivo degli Spagnoli nel continente americano, fece ritorno nei suoi luoghi nativi in cui, trovando un habitat ideale, riuscì a sopravvivere e a moltiplicarsi.
Probabilmente, i grandi branchi di cavalli selvaggi che nel giro di poco tempo popolarono le pianure, ebbero origine dai pochi esemplari scappati agli Spagnoli. In circa 250 anni tutte le popolazioni indiane vennero a contatto con la razza equina. 
Prima del cavallo uno dei pochi animali domestici delle tribù del Nord America era il cane, utilizzato come bestia da traino, ma anche per scopi alimentari.
Un indiano col suo cavalloCon i cavalli cambiò la vita degli indiani
Con la cattura dei primi esemplari di cavalli vi fu una vera e propria rivoluzione nel modo di vita dei Nativi. Da sedentari quali erano, iniziarono a spostarsi con maggior frequenza. Al cavallo fu attaccato il travois, un traino privo di ruote (i Nativi non conoscevano la ruota), composto da due stanghe, fissate sui fianchi dell’animale, e un piano su cui si sistemava tutto ciò che era da trasportare, cioè il minimo indispensabile, che era poi l’intero corredo della famiglia.
Tra i vari cambiamenti portati dal nuovo stile di vita, mutò anche il modo di fare la guerra tra le varie tribù.
Si tenga presente che lo stato naturale delle famiglie indiane era quello belligerante. Fare la guerra era un mezzo per acquistare onore e prestigio in seno alla tribù. Venivano compiuti veloci raid, il cui scopo era quello di procurarsi il maggior numero di cavalli possibile.
Infatti sul possesso di questi animali si basava la ricchezza di un individuo, e il furto di cavalli era una delle azioni più valorose che un guerriero potesse compiere.
Poco alla volta l’Indiano si trasformò in un esperto cavallerizzo ma soprattutto in un ottimo cacciatore.

A cavallo, a caccia dei bisonti
Mentre prima dell’avvento del cavallo la caccia non era il principale mezzo di sostentamento per i Nativi, essendo questi principalmente agricoltori, in seguito l’arte venatoria divenne talmente importante da condizionare l’intera esistenza del gruppo. La vittima preferita era il bisonte, il «buffalo» americano (spesso tradotto erroneamente in italiano col termine bufalo).
Del bisonte si utilizzava tutto: la carne veniva o consumata subito (specie i bocconi prelibati, quali la lingua e il fegato, che spettavano a colui che aveva ucciso l’animale o agli anziani o alle donne incinte) oppure, tagliata in strisce, veniva fatta essiccare al sole, quindi polverizzata e conservata in sacchetti di pelle per essere consumata durante l’inverno. Con l’aggiunta di grasso e di frutta selvatica diveniva pemmicam, una sorta di brodo molto saporito. Le parti non commestibili della carcassa – pelle, ossa, tendini, coma e zoccoli – servivano per fabbricare utensili, per confezionare i vestiti e le coperture delle tende.

Ancora un episodio di caccia al bisonte
La pelle veniva conciata dalle donne, resa morbida e trasformata in abiti, mocassini e borse, cuciti con fili di tendini o di crine per mezzo di aghi di osso; resa impermeabile costituiva il rivestimento della tenda conica, il tepee. Con le ossa, le coma e gli zoccoli si producevano coltelli, punte di freccia, cucchiai, ciotole. Con i tendini e il crine si intrecciavano le funi e le corde per gli archi. Con l’uso del cavallo divenne più semplice cacciare il bisonte: la tecnica consisteva nell’accerchiare il branco e attaccarlo da più direzioni. Un solo cacciatore poteva occuparsi di una singola bestia, stancandola e quindi finirla anche con un’unica freccia. Infatti un insegnamento tramandato da padre in figlio diceva che se si colpiva la preda nel punto giusto, anche una sola freccia poteva bastare: ad esempio, colpendo tra le ultime costole, il proiettile avrebbe potuto raggiungere il cuore e freddare la bestia, oppure, mirando alla giuntura dell’anca, il bisonte era costretto ad accosciarsi e diventare facilmente raggiungibile dal cacciatore.
Per affrontare la mandria, gli Indiani si dividevano in gruppi di notevoli dimensioni, la cui guida era affidata ai cosiddetti soldier, componenti di clan particolari, notevolmente abili e validi, che avevano funzione di polizia.
Dovevano mantenere l’ordine tra i cacciatori che erano tenuti a seguire e obbedire alle loro direttive. Ogni uomo portava con sé due cavalcature: ad un segnale stabilito, in prossimità della mandria, si montava il cavallo da caccia e si partiva all’inseguimento dei bisonti. Senza briglie ne sella, l’abilità dei cacciatori consisteva nel reggersi con le sole ginocchio ai fianchi della cavalcatura, scoccare frecce o sparare e ricaricare l’arma.
Nonostante le grandi possibilità date dal cavallo e dalle armi da fuoco, gli Indiani uccidevano solo il numero di bestie necessario per il loro sostentamento; miravano agli animali adulti, con preferenza ai maschi; tentavano, in sintesi, di mantenere un equilibrio naturale che permettesse il continuo rigenerarsi delle mandrie che attraversavano stagionalmente le praterie e che essi costantemente seguivano.
Il loro nomadismo era infatti dettato dalla necessità di cercare nutriti gruppi di bisonti per soddisfare i loro bisogni.

IL VATICANO HA INVASO L’ITALIA: INTERVENTO MILITARE DELLA NATO CONTRO LO STATO DEL VATICANO


Ennio Montesi Il Vaticano ha invaso l'Italia Termidoro Edizioni.gifComunicato Stampa - Si invita alla pubblicazione e diffusione
IL VATICANO HA INVASO L’ITALIA: INTERVENTO MILITARE DELLA NATO CONTRO LO STATO DEL VATICANO
Il Vaticano ha invaso l’Italia. L’Italia sotto regime di Apartheid. Denuncia internazionale al vaglio dell’Unione Europea, Nazione Unite, NATO e Tribunale penale dell’Aja per crimini contro l’umanità

Bruxelles (Belgio) – “Il Vaticano ha invaso l’Italia - Richiesta di intervento militare della NATO contro lo Stato del Vaticano che ha aggredito e invaso lo Stato Italiano” sono il titolo e il sottotitolo inequivocabili della clamorosa e sconcertante denuncia pubblicata in Italia da Termidoro Edizioni che lo scrittoreEnnio Montesi ha depositato presso la Commissione di Sicurezza internazionale. Per timore di possibili atti intimidatori, rappresaglie di violenza e minacce di morte da parte dei fondamentalisti cristiano-cattolici, di cui lo scrittore fu vittima già nel passato, l’operazione editoriale del libro è stata condotta dall’editore milanese nella massima segretezza fino al momento in cui il distributore nazionale PDE Spa ha finalmente distribuito lo scioccante volume nelle librerie italiane. «Richiedo l’intervento militare urgente da parte della NATO – North Atlantic Treaty Organization contro lo Stato dittatoriale e integralista del Vaticano che di fatto, probabilmente, ha aggredito e ha invaso lo Stato Italiano.» si legge nel graffiante e dettagliato documento che Ennio Montesi ha inoltrato ufficialmente e in contemporanea adAnders Fogh Rasmussen segretario generale della NATO, Ban Ki-moon segretario generale delle Nazioni Unite, José Barrosopresidente della Commissione Europea, Thorbjørn Jagland segretario nazionale del Consiglio d’Europa dei Diritti dell’Uomo, Luis Moreno Ocampo procuratore capo del Tribunale internazionale penale dell’Aja per crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, Barack ObamaDavid CameronAngela MerkelMariano RajoyNicolas SarkozyLeon Panetta segretario al Pentagono della Difesa degli Stati Uniti. La denuncia di Ennio Montesi è rivolta anche contro il raìs Joseph Ratzinger, dittatore dello Stato oltranzista e totalitario del Vaticano e contro i suoi colleghi, elencando nomi e cognomi e contro i suoi subalterni gerarchi vaticani della CEI, Conferenza episcopale italiana, cioè i ministri della setta fondamentalista parallela Chiesa cattolica e di molte altre strutture ed organizzazioni riconducibili e subordinate al Vaticano.

Ecco uno stralcio della denuncia di Ennio Montesi: «Sollecito la NATO ed i Paesi aderenti a tale organizzazione, l’Unione Europea, il Tribunale internazionale penale dell’Aja per crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra e le Nazioni Unite ad inviare all’interno del territorio dello Stato del Vaticano alcuni contingenti militari, una task force di soldati, affinché vengano ripristinate al più presto la democrazia, l’uguaglianza, la libertà, la sovranità e le autonomie dello Stato Italiano e anche la democrazia, l’uguaglianza, la libertà e le autonomie dello Stato del Vaticano. Affinché siano ripristinate ed indette libere e democratiche elezioni politiche sia nello Stato Italiano, sia libere e democratiche elezioni politiche nello Stato del Vaticano, affinché il Parlamento Italiano ritorni a godere di autonomia politica, di autonomia legislativa e di autonomia sociale. Affinché vengano ristabilite la democrazia, la libertà e la sicurezza dell’Italia e dell’Europa. Affinché si eviti che il Parlamento Italiano e la Presidenza della Repubblica Italiana vengano in futuro commissariati oppure che siano destituiti dal Popolo italiano.»

Nel documento di denuncia Ennio Montesi tratta e affronta le motivazioni, politiche, sociali, finanziarie, militari, di intelligence, terroristiche, eversive e destabilizzanti che dovrebbero indurre la Commissione di Sicurezza della NATO ad inviare truppe di militari nello Stato del Vaticano per scongiurare il rischio di una possibile cruenta guerra civile italiana a causa probabilmente dell’aggressione e dell’invasione subiti dall’Italia per mano dei gerarchi vaticani. Sottolinea Montesi sin dalle prime pagine della denuncia-libro: «La richiesta di intervento militare per la difesa di uno Stato è un atto dovuto e in pieno rispetto del Patto Atlantico della NATO il cuiTrattato Nord Atlantico è in vigore dal 24 agosto 1949 dopo il deposito delle ratifiche di tutti gli Stati firmatari. La richiesta di intervento militare contro lo Stato del Vaticano ai fini della difesa e della liberazione dello Stato Italiano il quale è, probabilmente di fatto, sotto l’aggressione e sotto l’invasione di uno Stato straniero, è in base agli Articoli 4, 5, 6 del Patto Atlantico della NATO e dell’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.»

A scanso di equivoci è bene dire subito che Il Vaticano ha invaso l’Italia nulla ha a che vedere con ateismo, agnosticismo, credenze, fideismo, teologia e filosofia. Esso è un vero e proprio ferreo documento di denuncia storica legato ai Diritti dell’Uomo, alla democrazia, alla libertà e all’uguaglianza dei popoli. In un precedente scritto Ennio Montesi affermava: “Un giorno il popolo italiano assalterà e prenderà il Vaticano come il popolo francese assaltò e prese la Bastiglia”. L’eclatante denuncia, arrivata sui tavoli dei potenti della Terra, dovrà ora essere esaminata dai Paesi membri dell’Unione Europea, della NATO e delle Nazioni Unite affinché siano decise azioni politiche-militari oppure di altra natura. Nel frattempo, durante il lancio della notizia il website di riferimento del libro è stato spazzato via da qualche anonima e censoria mano fondamentalista.

Ennio Montesi,
nato a Jesi (Ancona) nel 1956, autore di Il Vaticano ha invaso l’Italia - Richiesta di intervento militare della NATO contro lo Stato del Vaticano che ha aggredito e invaso lo Stato Italiano, Termidoro Edizioni. Ha firmato Racconti per non impazzire, Mursia Editore, scritti su richiesta di Federico Fellini. Una sua intervista è pubblicata nel libroCome fare a meno di Dio e vivere liberi – Saggi e interviste sulla libertà di pensiero, Coniglio Editore. Scrittore ateo e sbattezzato, critico nei confronti della Chiesa cattolica e del Vaticano è fonte di accese polemiche per i temi degli scritti e conferenze. Alcuni suoi testi fanno parte dell’archivio storicoAmerican Jewish Historical Society di New York (www.cjh.org/nhprc/HenryRoth02.html), segnalati dal magazine londinese The Times Literary Supplement e dal newyorkese The New Yorker. Montesi ha coniato e introdotto nella lingua italiana il neologismo lessicale ‘veritare’ con il saggio Veritare, voce del verbo veritare. Nel tempo dell’inganno universale veritare è un atto rivoluzionario adottato in molte scuole e università. Montesi è considerato il massimo esperto dei problemi legati al fondamentalismo e al terrorismo cristiano-cattolico della setta oltranzista Chiesa cattolica. Ha inoltrato richiesta di asilo politico al governo della Svezia per discriminazioni e persecuzioni religiose-politiche da parte del governo italiano poiché gli viene imposto il simbolo religioso e politico del crocifisso nelle pubbliche strutture. In forma anonima ha ricevuto varie minacce di morte.

Scheda della denuncia-libro
Titolo: IL VATICANO HA INVASO L’ITALIA
Sottotitolo: Richiesta di intervento militare della NATO contro lo Stato del Vaticano che ha aggredito e invaso lo Stato Italiano
Autore: Ennio Montesi
Editore: Termidoro Edizioni, Milano
Pagine: 95
ISBN-13: 9788897486039
EAN: 9788897486039
Prezzo: 10,00 euro
Formato: Brossura 14 x 21 cm
Data pubblicazione: 20/03/2012
Tema: Europa, politica, società, governo
Distribuzione librerie in Italia: PDE spa - pde.it
Promozione: PEA Italia, Milano - peaitalia.com
Riferimento website: Momentaneamente non disponibile

lunedì 19 marzo 2012

LA MANNA HA DAVVERO SALVATO GLI EBREI


DAL SITO cirovestita.it

La manna ha davvero salvato gli Ebrei!

La manna piovuta dal cielo per salvare gli Ebrei nel deserto non è solo un passo della Bibbia ma un fatto realmente accaduto. Sono molte le piante che "fanno" manna, un lattice cioè zuccherino usato spesso dai popoli desertici per scopi alimentari: una è la Tamerice manniferachiamata Tarfà dai beduini arabi; un'altra è la Lecanora un lichene che dà talli eduli molto conosciuti nella penisola sinaitica. Un'altra pianta è l'ornello o frassino coltivato un pò in tutta Italia. In Toscana ne sono ricche le campagne senesi e pistoiesi che ospitano queste stupende piante con notevoli virtù terapeutiche; ma è sopratutto la Sicilia a fornire la manna; qui decine di ettari di terreno arso e soleggiato ospitano questi alberi secolari da cui i contadini del posto ricavano un miracolo della natura: tutte le estati i rami più bassi di questi alberi vengono incisi con sapienza da contadini esperti, e a livello del taglio viene legato un filo di cotone che dal ramo arriva al suolo; nei giorni successivi si ha uno spettacolo fra i più belli del mondo naturale: migliaia di stalattiti di bianca manna partono dai rami incisi per arrivare al suolo seguendo il filo di cotone; se pensate che questi alberi sono migliaia potete capire la meraviglia di questo spettacolo della natura. La manna viene poi raccolta e tagliata in cannoli lunghi cinque centimetri e venduta in tutto il mondo.
Ma perché la manna è ancora usata; e per quali scopi? La manna contiene mannite (mannitolo) uno zucchero naturale dolcemente lassativo. E' uno dei pochi lassativi benefici in natura al contrario della senna onnipresente in quasi tutti i lassativi vegetali in circolazione; la differenza fra i due lassativi è che la mannite agisce contro la stipsi perché attira acqua nell'intestino e quindi facilita lo svuotamento del colon; la senna o cassia agisce per irritazione. E qui c'è da dire che quasi tutti i lassativi vegetali in commercio contengono la senna o cassia; le persone affette da stipsi li comprano con fiducia ritenendo valido l'assioma "vegetale uguale naturale". Ma così non è:la cassia se usata per lunghi periodi può dare una melanosi del colon che è uno stato di precancerosi. Poca senna dunque e molto mannitolo. Tornando alla Bibbia, non si sa con certezza quale manna abbia sfamato gli ebrei: alcune teorie sostengono che la pianta miracolosa fu la Lecanora che una tempesta portò in massa a piovere sugli ebrei in fuga salvandoli da sicura morte.

IL CAVALLO NEL MEDIO EVO - BREVE STORIA FOTOGRAFICA

breve storia del cavallo nel medio evo....

l cavallo nel Medioevo

Nel medioevo il cavallo era di uso comune e i sui impieghi spaziavano dalla battaglia, ai trasporti all’agricoltura. Il cavallo era comunque il segno distintivo di una classe sociale, l'elemento fondamentale di tutta una organizzazione sociale.
Perdutosi con la fine dell'impero romano il costume di combattere in "ordine chiuso" l'elemento decisivo delle battaglie divenne il combattente a cavallo pesantemente armato. Mentre nell’agricoltura si abbandono l’uso dei buoi per trainare l’aratro inserendo al loro posto il cavallo molto più leggero e prestante.
Dalle cronache dell’epoca possiamo individuare diverse tipologie di cavalli allora utilizzati:
- il destriero era il cavallo da battaglia, di mole considerevole ed era addestrati con grande cura.
- il corsiero veniva impiegato nei tornei dove velocità e mole creavano una massa d’urto considerevole adatta disarcionare gli avversari.
- il palafreno era il cavallo da viaggio.
- il ronzino era un animale da soma, quindi forte e resistente.
- il cortaldo era deputato a trasportare le armi e l’equipaggiamento del cavaliere.
- le chinee era il cavallo che si pensa utilizzassero le dame, era di piccola taglia e molto docile.
Col passare degli anni e con la necessità di proteggersi da armi sempre più sofisticate per le battaglie e per ottimizzarne l’uso nei campi si studiarono nuove e diverse soluzioni.

LA FERRATURA DELLO ZOCCOLO
Un'invenzione di fondamentale importanza per lo sfruttamento dell'energia animale fu quella della ferratura agli zoccoli dei cavallo. Inizialmente i Romani utilizzavano un finimento destinato a proteggere le unghie del cavallo, l’ipposandalo, costituito da una specie di sandalo con suolo di ferro. Mentre la ferratura a semicerchio (o ferro di cavallo) si ebbe solamente più tardi nel IX secolo.




Una foto di un attuale ferro di cavallo fissato allo zoccolo dell’animale






PROTEZIONE
Per la protezione dell’animale vennero studiate delle apposite armature. L’armatura per l’animale lo riparava dagli attacchi di lance e dalle armi della fanteria. Venivano utilizzate le cotte di magli o le piastre che andavano a coprire le parti dell’animale più facilmente colpibili come cosce collo e testa. Sopra all’armatura molto spesso veniva posta una gualdrappa, una tunica che andava coprire quasi interamente l’animale. Normalmente la gualdrappa portava i colori della casata o esercito a cui apparteneva il cavaliere.




Qui a lato un’armatura completa di piastre per cavallo e cavaliere








Qui riportato un esempio di gualdrappa con i colori della casata





CAVALIERE
Il combattimento in sella richiedeva una abilità che non si poteva improvvisare: bisognava essere preparati fin da giovane età.
Per questo e per imparare anche i principi etici e il codice di comportamento, il giovane veniva allogato presso un cavaliere che gli faceva da maestro.
Prima di diventare cavaliere il ragazzo prima era paggio (viveva cioè a contatto con i cavalieri) poi diveniva scudiero cioè cominciava l'addestramento militare vero e proprio e seguiva il cavaliere in battaglia. Infine diventava cavaliere con una suggestiva cerimonia religiosa e il suo stato era paragonabile a quello del sacerdote, era un giuramento al quale si restava legato per tutta la vita.




Qui di lato un affresco dell’epoca che raffigura un cavaliere con lancia in tenuta da torneo.






sabato 17 marzo 2012

LE PROPRIETA' (SEMISCONOSCIUTE) DELL'ACQUA OSSIGENATA PER COMBATTERE RAFFREDDORE ED INFLUENZA

In questi giorni stiamo parlando in molti di vivisezione ed rimedi alternativi... ho scoperto questo rimedio efficace contro raffreddore e influenze. l'ho provato in questi giorni e devo ammettere che funziona (prima ero un po scettico): si tratta del perossido di idrogeno, non spaventatevi è un prodotto che tutti abbiamo in casa. Il perossido di idrogeno altro non è che la semplice acqua ossigenata. Vi allego una interessante scheda che ho tratto dal sito www.biospazio.it sulle proprietà di questo meraviglioso e spesso sottoulitizzato prodotto.
Un rimedio naturale molto interessante per raffreddori e influenze.
I vari media ci hanno informato del probabile inizio dell'epidemia di influenza proprio durante le prossime festività. Per coloro che non si sono vaccinati c'è il rischio di passare le vacanze natalizie a letto con la febbre. A proposito di vaccinazioni, sia per l'influenza come per altre malattie ci sarebbe da aprire una parentesi, ma dedicheremo in futuro un intero articolo perchè ci sono molte considerazioni da fare in merito ai possibili rischi connessi a tali pratiche mediche.

Secondo l'ipotesi di un medico americano, il dott. Richard Simmons, i virus dell'influenza e del raffreddore entrano nel nostro organismo attraverso il canale uditivo. Sì, attraverso l'orecchio!
La scoperta del dott. Simmons risale al 1928, ma la comunità medica del tempo rifiutò di considerare che i virus potrebbero non passare esclusivamente attraverso il naso o la bocca.
Secondo il dott. Simmons i virus, una volta entrati nell'orecchio interno (labirinto) per contatto, con le dita, oppure perché presenti nell'aria, iniziano il loro processo riproduttivo e si diffondono in tutto l'organismo facendoci ammalare.

Nel 1938 alcuni ricercatori tedeschi ottennero risultati strordinari, mediamente l'80% di remissioni, nel trattamento dell'influenza e del raffreddore utilizzando il perossido d'idrogeno al 3%, nome scientifico della comune acqua ossigenata che utilizziamo per disinfettare le ferite. Queste scoperte sono state ignorate o forse nascoste per 60 anni. Per molto tempo le persone che conoscevano questa tecnica hanno combattuto con successo i virus a patto di iniziare la terapia con l'acqua ossigenata quando il processo riproduttivo del virus è appena all'inizio e quindi non ancora diffuso nell'organismo. È MOLTO IMPORTANTE iniziare il trattamento all'apparire dei primi sintomi.

Una bottiglietta di perossido di idrogeno al 3% si può trovare a modico prezzo in qualsiasi farmacia o supermercato, bastano poche gocce all'interno di ciascun orecchio per ottenere notevoli risultati già dopo poche ore (12-14). L'acqua ossigenata inizia la sua azione eliminando i virus entro 2-3 minuti . È normale sentire una specie di ribollimento, gorgogliamento e in qualche caso bruciore pungente che di solito sparisce entro 5-10 minuti, a quel punto si può asciugare con un fazzolettino e ripetere l'operazione nell'altro orecchio. Per combattere efficacemente l'influenza e il raffreddore è necessario ripetere questa procedura ad intervalli di una o due ore fino a quando non si sente più il ribollimento.
Nel caso di contatto dell' h2o2 con gli occhi, lavarsi abbondantemente con acqua.

Si può aumentare l'efficacia di questo metodo aggiungendo al perossido alcune gocce di estratto di echinacea . Le proprietà antivirali, antibatteriche e antiinfiammatorie di quest' erba sono note e questa combinazione ha avuto successo con chi in precedenza non aveva ottenuto benefici dall'uso del solo perossido di idrogeno.
Nonostante questo metodo sia sicuro anche per i bambini, il forte ribollimento e il bruciore potrebbe spaventarli.

Sebbene possa sembrare alquanto strana, questa è soltanto una delle molte applicazioni mediche del perossido di idrogeno. La terapia bio-ossidativa, per trattare patologie di varia gravità utilizza l'ozono (o3) e il perossidio di idrogeno a concentrazioni anche più alte rispetto al 3% descritto in questo articolo.

In Germamia, Canada, Russia e Cuba i medici sono riusciti a trattare con successo molte patologie gravi e croniche (inclusi cancro, HIV e malattie cardiache) con l'uso della terapia bio-ossidativa con l'ozono e il perossido di idrogeno che potrebbe presto divenire il nuovo paradigma di terapia medica naturale, efficace, sicura ed economica.
www.naturmedica.it

A cos’altro serve l’acqua ossigenata al 3%?

Puoi usarla in cucina, per eliminare i batteri senza esporti a sostanze chimiche tossiche presenti nei costosi liquidi venduti al supermercato.

E’ anche notevolmente utile per lavare la frutta e i vegetali (usata in una bottiglietta spray, come quella usata per inumidire la biancheria prima di stirarla). Risciacquarli quindi con acqua corrente.

In combinazione con l'aceto bianco, anch'esso usato in uno spray, dei test condotti dal Virginia Polytechnic Institute hanno dimostrato l’eliminazione totale della Salmonella e di E. coli da cucine contaminate con questi batteri. Un risultato del genere è superiore a qualsiasi liquido da cucina o candeggina in commercio.

Per l’igiene orale è anche utile conservare lo spazzolino da denti in un bicchiere pieno di acqua ossigenata.

Per quelli che desiderano documentarsi ulteriormente sul collegamento tra l’acqua ossigenata e la salute è consigliato il libro, in inglese, "Hydrogen Peroxide, medical miracle":

(http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/9962636256/healingdailyc-20).

rinaldo lampis www.movimentoconsensus.org

LA POTENZA ANTIBATTERICA DELLA CANDEGGINA


Nei giorni scorsi abbiamo presentato una scheda sul sapone di marsiglia che ha ottenuto un grandissimo successo. Ora presentiamo un interessantissimo articolo sulle proprietà antibatteriche della Candeggina e del "metodo" usato dalla Candeggina per "bruciare" i batteri.
dal sito: www.lescienze.it

La sua attività antibatterica sfrutta gli stessi meccanismi delloshock termico
Con oltre due secoli di anzianità, la candeggina è uno dei più diffusi ed efficaci disinfettanti disponibili, eppure l'esatto meccanismo con cui questo composto del cloro esplica i suoi effetti battericidi non erano mai stati chiariti. A farlo è ora uno studio di ricercatori dell'Università del Michigan, che lo spiegano in un articolo su “Cell”.
"Come spesso avviene nella scienza, non stavamo studiando questo problema, ma quando abbiamo trovato la risposta nel corso di una differente ricerca siamo stati molto soddisfatti”, ha osservato Ursula Jakob, che diretto la ricerca.
Jakob e colleghi stavano infatti studiando una proteina batterica nota come proteina da shock termico 33 (Hsp33), che è classificata come una chaperonina. Il compito principale delle chaperonine è quello di proteggere dalle proteine da interazioni negative, una funzione particolarmente importante quando le cellule sono in una condizione di stress, quale può aversi in presenza di temperature elevate dovute per esempio a febbre.
"A temperature elevate, le proteine iniziano a perdere la loro struttura tridimensionale e a unirsi formando ampi aggregati insolubili, proprio come quando sui fa bollire un uovo”, spiega Jeannette Winter, che ha partecipato allo studio. E come l'uovo, che una volta cotto non può tornare allo stato liquido, gli aggregati proteici restano insolubili portando la cellula stressata a morte.
La candeggina peraltro non attacca la proteina Hsp33, che anzi viene attivata in modo “frenetico”; proprio questa attività ha portato i ricercatori a scoprire che anche l'ipoclorito della candeggina provoca la perdita di struttura delle proteine e la loro aggregazione. "Molte delle proteine attaccate dall'ipoclorito sono essenziali
per la crescita batterica, e la loro inattivazione uccide i batteri.”
La scoperta non ha solo un valore conoscitivo, spiegano i ricercatori, in quanto il nostro sistema immunitario produce significativi quantitativi di ipoclorito per difendersi da batteri invasori: questa sostanza però non danneggia soltanto i microrganismi ma anche le cellule del corpo e una sua produzione eccessiva, o comunque intempestiva, è una delle cause dei danni provocati dalle infiammazioni croniche. (gg)

venerdì 16 marzo 2012

CRISTIANESIMO ED ANIMALI UN COACERVO DI CONTRADDIZIONI


Gli animali nel CRISTIANESIMO
di Beatrice Borreani e Martina Giacobbe 5C
"Gli uomini fanno agli animali ciò che sono capaci di fare ai propri simili"
S. Mordysnky
"Scopersi nella macchina degli animali un fine savissimo, un fine degnissimo della Divinità"Gaspare Gherardini , canonico di Santo Spirito di Roma , nella metà del Settecento
"Riusciremo un giorno a vergognarci di come trattiamo oggi gli animali, così come ci vergogniamo dello schiavismo, dell'oppressione delle donne e delle guerre (tutti comportamenti che abbiamo giustificato in nome della religione)? Me lo auguro ma il cammino è lungo." Don Angelo - Colloqui con il Padre Famiglia Cristiana (9/2002)

Dal "CatechesMO DELLA CHIESA cattolica":
Il rispetto dell'integrità della Creazione
2415 Il settimo comandamento esige il rispetto dell'integrità della creazione. Gli animali, come anche le piante e gli esseri inanimati, sono naturalmente destinati al bene comune dell'umanità passata, presente e futura.
290 L'uso delle risorse minerali, vegetali e animali dell'universo non può essere separato dal rispetto delle esigenze morali. La signoria sugli esseri inanimati e sugli altri viventi accordata dal Creatore all'uomo non è assoluta; deve misurarsi con la sollecitudine per la qualità della vita del prossimo, compresa quella delle generazioni future; esige un religioso rispetto dell'integrità della creazione.
2416 Gli animali sono creature di Dio. Egli li circonda della sua provvida cura.
292 Con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli rendono gloria.
293 Anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro. Ci si ricorderà con quale delicatezza i santi, come san Francesco d'Assisi o sanFilippo Neri, trattassero gli animali.
2417 Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine.
294 È dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono essere addomesticati, perché aiutino l'uomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi negli svaghi. Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali sono pratiche moralmente accettabili, se rimangono entro limiti ragionevoli e contribuiscono a curare o salvare vite umane.
2418 È contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita.

L'amore di San Francesco per "tutte le creature"
La carità di Francesco «si estendeva con cuore di fratello non solo agli uomini provati dal bisogno, ma anche agli animali senza favella, ai rettili, agli uccelli, a tutte le creature sensibili e insensibili.
E che dire delle altre creature inferiori, quando sappiamo che, durante l’inverno, si preoccupava addirittura di far preparare per le api miele e vino perché non morissero di freddo?
Perfino per i vermi sentiva grandissimo affetto, perché la Scrittura ha detto del Signore: “Io sono verme e non uomo”; perciò si preoccupava di toglierli dalla strada, perché non fossero schiacciati dai passanti.
Un giorno S.Francesco andò alla elemosina assieme a frate Massèo e i due si imbatterono in un uomo che portava al mercato due agnelli da vendere, legati, belanti e penzolanti dalla spalle.
All’udire quei belati, il servo di Dio, vivamente commosso, si accostò, accarezzandoli, come suol fare una madre con i figlioletti che piangono, con tanta compassione e disse al padrone: “Perché tormenti i miei fratelli agnelli, tenendoli così legati e penzolanti?”. Rispose: “Li porto al mercato e li vendo: ho bisogno di denaro”.
E Francesco: “Che ne avverrà?”. E quello: “I compratori li uccideranno e li mangeranno».
Nell’udire questo il santo esclamò: «Non sia mai! Prendi come compenso il mio mantello e dammi gli agnelli». Quell’uomo fu ben felice di un simile baratto, perché il mantello, che Francesco aveva ricevuto a prestito da un uomo proprio quel giorno per ripararsi dal freddo, valeva molto di più delle bestiole.
Infatti ogni creatura dice: Dio mi ha creato per te, o uomo! Noi che siamo vissuti con lui, lo vedevamo rallegrarsi interiormente ed esteriormente di quasi tutte le creature, così che, toccandole o mirandole, il suo spirito sembrava essere in cielo, non in terra. E per le grandi gioie che aveva ricevuto e riceveva dalle creature, egli compose, poco prima della sua morte, alcune Lodi del Signore per le sue creature, per incitare alla lode di Dio i cuori di coloro che le udissero, e così il Signore fosse lodato dagli uomini nelle sue creature».

Le diverse posizioni nella Chiesa cattolica sul rapporto con gli animali
Il gesuita tomista Viktor Katherin scrive in "La morale cattolica esposta nelle sue premesse e nelle sue linee fondamentali 1907: " Il bruto non possiede diritti di sorta (...) L'uomo non solo non ha verso i bruti dei doveri giuridici ma nemmeno doveri di altro genere (...) Come dovremmo avere dei doveri verso creature che possiamo a nostro capriccio fare a pezzi, arrostire e mangiare? il motivo intrinseco è che l'animale non è persona ossia non è creatura ragionevole, sussistente per sé, ma semplice mezzo per il nostro fine.
Leggiamo poi in un libro di Andrea Mercatali, della pontificia Università Urbaniana destinato non al pubblico ma agli operatori e a coloro che fanno formazione, come spiega l'introduzione. Pag. 29: La presenza"cosciente" riguarda solo e unicamente gli esseri umani. Le cose non sono presenti: esse sono semplicemente là; le cose non sono nemmeno assenti: ci sono o non ci sono. Nemmeno nell'animale si può parlare di presenza: presenza richiama l'esistenza di un essere uguale - l'uomo -, o superiore - Dio e i suoi spiriti - con il quale stabilire un rapporto interpersonale. E' aberrante un rapporto di carattere personale con un essere inferiore: ne è incapace perché è privo delle facoltà intellettuali - quindi spirituali- per stabilire tale rapporto. Tutt'al più l'animale diverrà un buon "accompagnatore" dell'uomo nel suo cammino terreno, mai un compagno con il quale si condivide la realtà esistenziale. Al di là dell'interpretazione che può essere data, il tono con cui l'autore esprime il suo pensiero rende evidente che la concezione degli animali è improntata su un profondo disprezzo per gli stessi (quel tutt'al più è veramente chiaro, come pure la categoricità del termine aberrante) disprezzo purtroppo ancora dominante nella Chiesa di oggi. Come quindi vengano formati gli operatori con questi testi è immaginabile.
Vi è una serie di segnali, che mostrano  non solo che il rapporto con gli animali nel Cattolicesimo sia pienamente compatibile verso il loro rispetto, ma anzi che questo potrà svilupparsi su binari che nulla hanno da invidiare a quello di molte religioni orientali; la straordinaria e rivoluzionaria impostazione (per il Cattolicesimo) di questo rapporto data dal teologo prof. Paolo de Benedetti in una serie di trasmissioni nella rubrica Uomini e Profeti ne è una dimostrazione. ricordiamo d'altronde che il quinto comandamento è "non uccidere" e non "non commettere omicidio"; solo un'interpretazione tradizionale ma distorta ne limita la portata ai soli esseri umani.
Ed infatti negli ultimi decenni la Chiesa ha ripensato il ruolo degli animali nel creato.
Paolo VI, parecchi anni prima, aveva affermato: <<Gli animali sono la parte più piccola della Creazione Divina, ma noi un giorno li rivedremo nel Mistero di Cristo>> e rivolto ai Medici Veterinari: "Vi esprimiamo il nostro compiacimento per la cura che prestate agli animali, anch'essi creature di Dio, che nella loro muta sofferenza sono un segno dell'universale stigma del peccato e dell'universale attesa della redenzione finale, secondo le misteriose parole dell'apostolo Paolo."

Papa Giovanni Paolo II nel 1990 si espresse in tali termini: "La Genesi ci mostra Dio che soffia sull'uomo il suo alito di vita. C'è dunque un soffio, uno spirito che assomiglia al soffio e allo spirito di Dio.  Gli animali non ne sono privi."
Non sono solo animali , cioè non è solo un cane, un gatto, una tartaruga o un criceto etc.: Fanno parte del valore affettivo dell'uomo, a sua volta questo strano animale che non si arrende all'idea che tutto finisca, e che aspira all'immortalità per sé e per tutti i suoi cari.
Queste due frasi vanno meditate. Quella di Giovanni Paolo II fa capire che anche gli animali hanno un’anima; Quella di Paolo VI ci dice che faranno parte del “Mistero di Cristo”, cioè della Risurrezione, e della vita eterna

Altre affermazioni invece contraddiscono le aperture della Chiesa precedentemente citate.
Discorso di Pio XII ai lavoratori del mattatoio di Roma, del 17 novembre 1957:
«I gemiti delle bestie abbattute e uccise per giusto motivo non dovrebbero destare una tristezza maggiore del ragionevole, mentre non ne procurano i colpi del maglio sui metalli roventi, il marcire dei semi sotterra, il gemere dei rami al taglio della potatura, il cedere delle spighe all'azione dei mietitori, il frumento che viene stritolato nella macina da molino».
Dal "Corriere della Sera" riguardo al discorso di Papa Benedetto XVI nel 2008
CITTA' DEL VATICANO - «Mentre nelle altre creature, che non sono chiamate all'eternità, la morte significa soltanto la fine dell'esistenza sulla terra, in noi il peccato crea una voragine che rischia di inghiottirci per sempre, se il Padre che è nei cieli non ci tende la sua mano». Queste parole severe, che contraddicono le «aperture» di Paolo VI sulla possibilità che anche gli animali vadano in Paradiso, Benedetto XVI le ha pronunciate nella Cappella Sistina, proprio accanto allo straordinario affresco michelangiolesco del Giudizio Universale. E lo ha fatto nell'omelia di una messa destinata ad essere ricordata a lungo: dopo 40 anni, per la prima volta, infatti, un Papa ha celebrato con le spalle ai fedeli.
GLI ANIMALI E LA MORTE - Prima di impartire il battesimo a 13 bambini , come avviene ogni anno seguendo una tradizione inaugurata da Giovanni Paolo II, il Papa teologo ha letto la sua omelia da un trono collocato sulla parete di destra e non al centro della Cappella Sistina, evocando più volte il tema della morte. Che per gli animali, appunto, non sarebbe da considerare come il possibile inizio della vita eterna.
Etica cristiana e Diritti degli animali
di Monsignor Mario Canciani (biblista ed esperto di simbologia religiosa)
Dobbiamo riconoscere che la morale cristiana non ha elaborato fin qui un pensiero coerente e sistematico sulla sperimentazione animale. È indubbio anzi che gli uomini di chiesa spesso hanno veicolato teorie caratterizzate da profonda insensibilità e indifferenza etica.
Uno spartiacque tra le due mentalità è stato indicato da Papa Giovanni Paolo II: “
Non solo l'uomo ma anche gli animali hanno un soffio divino".
A Valencia in Spagna, dove sono stato chiamato dalla TV canale 9, il giornalista Alfons Clorenç ha iniziato il dibattito così crudelmente: “Fin qui sapevamo che un pollo rappresentava delle calorie; ora sappiamo che ha anche un'anima. Come la mettiamo?”
Ho avuto davanti agli occhi subito la visione al rallentatore di un'infinità di polli in batteria in gabbie dove in 45 cm. di spazio vivono strette l'una all'altra 9 galline. Aveva ragione Bentham nel periodo dell'esplosione dell'epoca industriale in Inghilterra:Non si tratta di vedere se gli animali abbiano la parola o l'intelligenza, quanto piuttosto se possano soffrire”.
Mi ha commosso la lettura di I poteri mentali dell'uomo e quelli degli animali inferiori” di Charles Darwin:È noto l'amore del cane per il suo padrone: e tutti sanno che nell'agonia della morte egli accarezza il padrone; e ognuno può aver sentito dire che che il cane che soffre mentre viene sottoposto a qualche vivisezione lecca la mano dell'operatore; e quest'uomo, a meno di avere un cuore di sasso, deve provare rimorso fino all'ultima ora della sua vita".
Tuttora nella deontologia medica impera una concezione esclusivamente "strumentale" degli animali. Essi sono considerati unicamente in termini di utilità e di vantaggio per l'essere umano. Questo è l'atteggiamento ancora dominante nella nostra cultura, ma non è più giustificabile una concezione della realtà che potremmo chiamare di tipo piramidale in cui l'uomo sta al vertice e la di sopra di tutto.
Forse il Cristianesimo, per quanto concerne il rapporto uomo-animale, si è ispirato alla linea greco-aristotelica e non a quella biblica. Un antropocentrismo esagerato è del tutto alieno dalla visione scritturistica, dove il creato non è semplicemente un "fondale" per l'uomo, ma una realtà viva e palpitante.
L'essere umano nei confronti delle creature animate e inanimate non ha soltanto dei diritti ma anche dei doveri. La Sollecitudo rei socialis (34, 26) parla del rispetto che si deve alla natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato, che è appunto il cosmo.
La rinnovata comprensione della creazione ci deve spingere ad avere prospettive adeguate entro le quali possiamo comprendere ciò che è giusto o è ingiusto fare. Bisognerà attivare un'autentica responsabilità verso la vita globale del pianeta e non soltanto verso la vita umana.
Occorrerà debellare la sopraffazione arbitraria, cercando situazioni alternative che permettono fin d'ora il rifiuto e l'opposizione a ogni forma di sperimentazione sugli animali.
Movimenti e gruppi sono scesi in campo per la difesa degli animali. C'è una nuova sensibilità emergente nell'opinione pubblica e soprattutto nei giovani. Sono fenomeni meritevoli di una lettura e di interpretazione adeguate da parte dei cristiani e da ognuno che cerchi sinceramente il bene. Non esitiamo a considerarli, come avrebbe fatto Papa Giovanni XXIII, "segni dei tempi".