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La parola druido denota l'appartenente alla classe dei sacerdoti della religione dei Celti, attraverso buona parte dell'Europa centrale e nelle isole britanniche. I druidi costituivano l'elemento unificante e i depositari della cultura del popolo celtico, peraltro così disgregato e discorde sul piano politico.
Le pratiche druidiche erano parte della cultura di tutte quelle popolazioni chiamate Keltoi e Galatai dai greci e Celtae e Galli dai romani.
Fonti storiche [modifica]
Del sistema di credenze amministrato dai druidi in epoca pre-cristiana, e del loro percorso di formazione, si hanno pochissime notizie[1]. Non è tramandato infatti alcun resoconto diretto ed è anzi probabile che fonti simili non siano mai esistite, visto, a dire di Giulio Cesare, il particolare atteggiamento negativo dei druidi nei confronti della tradizione religiosa, una materia sottratta alla scrittura e affidata a un complesso sistema mnemonico in versi[1]. Le uniche fonti scritte da un'epoca in cui il sistema religioso druidico era ancora vivo provengono dal mondo della storiografia greco-romana[1]. Inutilizzabili sono invece le antiche fonti letterarie irlandesi e gallesi, in cui la figura dei druidi riveste un ruolo marginale e dalla consistenza largamente fittizia[1].
Da quel poco che conosciamo delle pratiche druidiche, esse appaiono profondamente legate alla tradizione e conservative, nel senso che i druidi custodivano gelosamente i loro segreti.
Ora è impossibile giudicare se questa riservatezza abbia avuto profonde radici storiche e sia stata generata nelle trasformazioni sociali di quel periodo, o se ci sia stata discontinuità con una innovazione importante nella religione druidica.
Origine del nome [modifica]
Le possibili origini etimologiche della parola druido sono molte e si dubita abbastanza che la parola possa essere antecedente alle Lingue Indo-Europee. L'opinione più comune è che la parola derivi dall'unione di due parole celtiche: "duir", che vuol dire quercia, e "vir", una parola che significa "saggezza". Plinio ci dà una prima etimologia della parola collegandola alla radice greca della parola quercia, nel libro che porta il titolo Storia Naturale (Naturalis Historia XVI, 249-251). "Orbene, quercia in gallico si dice dervo, daur in gaelico, derw in gallese..." "la parola non può che risalire ad un antico celtico druwides che si può scomporre in dru, prefisso accrescitivo di valore superlativo (che si trova anche nel francese dru "folto", "fitto", "forte"). Cosa non del tutto arbitraria, considerato che i celti dell'odierna Francia avevano intensi rapporti culturali e commerciali con i greci della vicina città greca di Massalia (l'odierna Marsiglia), e usavano l'alfabeto greco per scrivere; aspetto testimoniato da Cesare nel capitolo 14 del VI libro del De bello Gallico. Ciò ha portato a supporre che druid- derivasse senz'altro dal greco drus, quercia, e dal suffisso indoeuropoeo (e greco) -wid "sapere", "scienza", per cui il senso complessivo sarebbe "coloro che sanno per mezzo della quercia", "gli studiosi della quercia", (dal punto di vista religioso-simboloico). È questa l'opinione tuttora più diffusa ed accettata. "I druidi sono i molto veggenti o i molti sapienti, ciò che sembra conforme alle diverse funzioni loro attribuite" (J. Markale, il druidismo, Milano 1997).
I druidi nella società [modifica]
La loro influenza era sia sociale sia religiosa. I druidi non erano solo l'equivalente dei nostri sacerdoti; spesso erano anche filosofi, scienziati, maestri, giudici e consiglieri del re. I druidi collegavano i celti con i loro numerosi dei, erano responsabili del calendario lunare e guardiani del "sacro ordine naturale". Con l'arrivo del Cristianesimo in ogni regione, questi compiti furono assunti dal vescovo e/o dall'abate.
Gerarchie sociali nei druidi [modifica]
I druidi non erano tutti uguali. Oltre al capo supremo, cui accenna anche Cesare (6,13) l'intero collegio sacerdotale era diviso in tre diversi gradi: il livello superiore era formato dai druidi propriamente detti, ministri addetti al culto ed ai sacrifici, giudici e consiglieri dei nobili più potenti, definiti solitamente dai greci "filosofi"; quello intermedio da poeti cantori (o bardi), narratori di miti e tradizioni, che accompagnavano i soldati in guerra e celebravano le gesta di eroi; il livello inferiore era formato da semplici indovini, detti anche maghi, che si occupavano della parte materiale del culto e dei sacrifici, oltre che alla divinazione, e avevano cognizione di medicina ed astronomia. Si ha infine notizia di sacerdotesse druide.
Storia dei druidi [modifica]
Due druidi in un'illustrazione ottocentesca
Le nostre conoscenze storiche sui druidi sono molto limitate, quel poco è stato offuscato da mistero e mistificazione. Le informazioni di cui disponiamo sono in parte di origine letteraria e la documentazione di Cesare è sicuramente la più ampia e la più organica che si conosca tra quelle pervenute. Inoltre essa è anche attendibile perché Cesare ha soggiornato anni in Gallia ed ha verificato personalmente ciò che poi si trova nelle sue opere. Altre notizie, spesso sotto forma di riferimenti occasionali, sono presenti comunque in diversi autori greci e latini: si tratta di opere pervenuteci frammentariamente (come le Storie di Posidonio) o di testi storici o di geografi vissuti alcuni secoli dopo, quando ormai il processo di romanizzazione aveva fagocitato le tracce originali del passato. Da quel poco che sappiamo delle pratiche dei druidi, queste appaiono profondamente legate alla tradizione e sono inoltre conservative, nel senso che i druidi custodivano gelosamente i loro segreti, infatti le tradizioni druidiche erano costituite da un gran numero di versi imparati a memoria, e risulta che lo studio del corpus di tale tradizione potesse richiedere decine d'anni.
Cesare descrive questo aspetto molto importante della cultura druidica nel capitolo 14 del VI libro del De bello Gallico. Fa capire che probabilmente la cultura druidica celtica sia stata una cultura misterica. Può darsi che sia esistita una "scuola di druidi" ad Anglesey (Ynys Môn) vicino ai laghi magici; ma cosa vi si insegnasse (poesia, astronomia, o persino la lingua greca) è oggetto di vere congetture.
Pratiche religiose dei druidi [modifica]
Della letteratura orale druidica di canzoni sacre, formule per preghiere e incantesimi, regole per la divinazione e per la magia, non è sopravvissuto nulla, neppure in forma tradotta; non esiste neppure una leggenda che sia stata tramandata in una forma che potremmo chiamare druidica pura, ovvero senza modifiche e reinterpretazioni cristiane. A volte, i druidi effettuavano sacrifici umani per propiziare le divinità prima di una battaglia, o per leggere la volontà degli dei nel sangue che gocciolava. Parte della pratica religiosa tradizionale rurale può tuttavia ancora essere riconosciuta sotto la superficie della successiva interpretazione cristiana, e sopravvive in feste come Halloween, le bambole di granoturco e altri rituali legati al raccolto; nei miti di Puck o del woodwose (una sorta di Sasquatch), nelle credenze circa le piante gli animali "fortunati" e "sfortunati", e così via. Tuttavia, è sempre difficile identificare esattamente l'epoca e il contesto culturale a cui si devono far risalire tradizioni come queste, trasmesse oralmente.
Notizie storiche dai romani [modifica]
Nel De bello Gallico di Giulio Cesare si trova il più antico e completo resoconto circa i druidi. Cesare dedica ai druidi ben due capitoli del VI libro del De bello Gallico, il 13 e 14, per poi ritornare sull'argomento nei capitoli 16-18, a testimonianza dell'importanza e del ruolo sociale che questo collegio sacerdotale ricopriva nel mondo celtico. Cesare nota che gli uomini di rango in Gallia appartenevano alla classe dei druidi o a quella dei nobili, e che queste due categorie erano separate. I druidi costituivano una classe sacerdotale istruita, ed erano i guardani delle antiche leggi non scritte; avevano il potere di giudicare, di scomunicare dalla società ed erano responsabili dell'educazione dei giovani. Non si trattava di una casta ereditaria; erano invece esonerati dal lavoro nei campi e dal pagamento delle tasse. Il corso di studio per un novizio era molto lungo. Tutto veniva insegnato oralmente, sebbene, a quanto riporta Cesare, i Galli avessero una lingua scritta (basata sui caratteri greci) usata per le questioni quotidiane. In effetti non esiste traccia di scritti druidici e per questo, secondo alcune fonti storiche questo tipo di cultura viene definita misterica. "Il punto essenziale della loro dottrina", scrive Cesare, "è che l'anima non muore, e che dopo la morte passa da un corpo all'altro" (vedi metempsicosi). Questo portò molti scrittori antichi a trarre la conclusione che i druidi siano stati influenzati dagli insegnamenti del filosofo greco Pitagora. Questa annotazione, per quanto possa apparire improbabile, non viene accantonata dalla letteratura storica moderna, che la inserisce nel contesto dei profondi scambi culturali avuti dai Celti con le comunità italiote della Magna Grecia: « È molto probabile che l'interesse manifestato dai Celti, a partire dal secondo quarto del IV secolo a.C., per le immagini di forme transitorie che vengono chiamate "metamorfosi plastiche", [...], sia stato influenzato dalle dottrine orfiche e pitagoriche che alcuni autori antichi hanno associato al pensiero dei Druidi» »
(Venceslas Kruta, Mondo greco e mondo celtico: incontro di due culture[2] )
Cesare (De bello Gallico, VI.18) nota anche che i Galli, seguendo l'insegnamento druidico[3], credevano in uno spirito guardiano della tribù, da cui tutti i Galli discendevano, che era anche dio dei morti: Cesare stesso lo assimila a Dis Pater[4]. È probabile che un altro suo nome fosse Teutates[4]. Dis Pater, divinità dell'abbondanza e dell'oltretomba, era a sua volta identificato al greco Ade[5].
I druidi e Cesare [modifica]
Egli infatti non fa menzione di rapporti avuti con i druidi o di loro interferenze nei suoi piani di conquista e di organizzazione della Gallia. E tuttavia sembra che le relazioni tra Cesare e i druidi, in un primo tempo neutrali, si siano guastate intorno al 54 a.C. e che essi siano divenuti gli animatori della rivolta antiromana del 52 a.C. La storiografia moderna è perlopiù concorde, sia pure con sfumature diverse e diverse motivazioni, nell'attribuire ai druidi sia l'ispirazione sia l'organizzazione della lotta di resistenza a Roma, lotta animata da un ideale di indipendenza politica, ma anche sentita come difesa della tradizione religiosa celtica.
Sul velo di silenzio steso da Cesare circa il ruolo dei druidi nelle vicende politiche-militari di quegli anni sono state invece prospettate varie e spesso contrastanti interpretazioni. Qualcuno ritiene che la digressione etnografica del VI libro, evidenziando l'importanza dei druidi nell'organizzazione sociale dei Celti, si configurasse come un vero e proprio pamphlet antidruidico; al contrario altri, giudicando i druidi estranei alla rivolta antiromana, pensano che Cesare, parlando di loro nel VI libro, volesse quasi ricompensarli della loro neutralità. Altri ancora suppongono che Cesare intendesse attenuare le basi per una futura politica di concordia, quale sarebbe stata perseguita poi da Augusto.
Quest'ultima ipotesi suscita qualche perplessità, se si pensa che nel 51 Cesare stava ancora «tirando le somme della sua grande impresa e si apprestava alla guerra civile con Pompeo» e che dunque difficilmente poteva prefigurare le linee della futura politica romana in Gallia. La sua trattazione sui druidi nel VI libro e, soprattutto, il suo silenzio su di essi nel resto dei Commentarii si possono forse spiegare con una ragione interna, cioè con l'intento di togliere ai suoi avversari politici in Roma il pretesto di presentarlo come empio violatore di ogni norma e credenza religiosa. Molte voci, infatti, correvano sulla mancanza di pietas e di fides dell'epicureo Cesare e su sue presunte violazioni sacrileghe: ed egli, passando sotto silenzio il ruolo dei druidi nell'opposizione gallica alla sua impresa, mirava, sicuramente a cautelarsi contro gli attacchi dei suoi nemici interni ed a neutralizzare la loro propaganda militare.
L'opinione di alcuni storici [modifica]
Scrittori come Diodoro Siculo e Strabone, che conoscevano i druidi in modo più indiretto rispetto a Cesare, pensavano che la classe sacerdotale celtica includesse i druidi, i bardi e i vati (indovini).
Pomponio Mela è il primo autore a informarci che l'educazione dei druidi era segreta e si teneva in grotte e foreste. Sappiamo che alcune zone delle foreste erano sacre e che i romani e i cristiani, per combattere la religione druidica, usavano tagliarne gli alberi e bruciarli. Ai druidi si attribuiscono a volte anche pratiche legate ai sacrifici umani, sebbene questa informazione possa ricondursi alla propaganda romana. È invece accertato che i Galli facevano sacrifici umani, di solito a spese dei criminali.
La Bretagna era un quartier generale del druidismo, ma una volta all'anno un'assemblea generale dell'ordine si teneva nei territori dei Carnutes in Gallia.
Cicerone parla di indovini fra i Galli, noti come druidi; egli aveva personalmente conosciuto un certo Divitiacus del popolo degli Edui. Diodoro ci informa che affinché un sacrificio fosse efficace si richiedeva la presenza di un druido come intermediario fra uomini e dei. Prima di una battaglia, i druidi spesso si interponevano fra i due eserciti e cercavano di convincere i contendenti a rinunciare allo scontro.
Un editto sui druidi [modifica]
I druidi erano considerati essenzialmente non-romani: un editto di Augusto vietò ai cittadini romani di praticare riti druidici. In Strabone troviamo che sotto la dominazione romana i druidi erano ancora arbitri su questioni pubbliche e private, ma che non erano più autorizzati a giudicare casi di omicidio. Sotto il regno di Tiberio, i druidi furono soppressi con un decreto del Senato, ma questo editto dovette essere in seguito rinnovato da Claudio. Nei resoconti di Plinio, l'attività dei druidi è limitata alla pratica della medicina e della magia. Si dice anche che i druidi veneravano il vischio, e che boschetti di querce erano il loro rifugio preferito. Quando trovavano il vischio, un sacerdote vestito di bianco lo tagliava con un coltello dorato, e due tori bianchi venivano sacrificati nel luogo del ritrovamento.
Descrivendo l'attacco dei romani di Svetonio Paolino all'isola di Mona (Anglesey or Ynys Mon in gaelico), Tacito dice che i legionari furono terrorizzati dall'apparizione di una banda di druidi che, sollevando le mani al cielo, tuonarono terribili maledizioni sulla testa degli invasori. Il coraggio dei romani, tuttavia, ebbe la meglio sulla paura; i britanni furono messi in fuga; e i sacri boschi di Mona furono abbattuti.
Dopo il I secolo, i druidi sparirono dal continente, e i testi dell'epoca fanno riferimenti a questa casta solo in rare occasioni. Ausonio, per esempio, apostrofa il retorico Attius Patera dichiarandolo con disprezzo "discendente di druidi".
La fine dei druidi [modifica]
Se all'epoca di Cesare i druidi erano ancora nel pieno possesso della loro autorità e dignità, è anche vero che l'intero processo di romanizzazione della Gallia, dopo la sua conquista, portò ben presto alla scomparsa dell'antica religione celtica, con il conseguente indebolimento del prestigio dei druidi. Ritiratisi nelle loro scuole, furono poi perseguitati e soppressi dall'imperatore Claudio, che li considerava dei nazionalisti fanatici: sopravviveranno solo indovini, maghi, e ciarlatani, ma loro arte verrà combattuta dal cristianesimo, in particolare in seguito all'affermazione di San Patrizio.
I druidi in Gran Bretagna e Irlanda [modifica]
La storia di Vortigern, riportata da Nennio, contiene uno dei pochissimi riferimenti ai druidi in Bretagna dopo la conquista romana: dopo essere stato scomunicato da Germano, il sovrano britannico chiede l'aiuto dei druidi. Nella letteratura irlandese, tuttavia, i druidi sono menzionati di frequente, e il loro ruolo sembra corrispondere a quello che avevano in Gallia (la parola irlandese moderna per "magia", draíocht, deriva dall'irlandese antico druídecht). In Irlanda c'erano anche altre figure in parte assimilabili ai druidi, i bardi e i poeti; fin all'antichità infatti i poeti avevano usurpato molti dei compiti dei druidi e alla fine li soppiantarono con l'avvento del Cristianesimo.
I più importanti documenti irlandesi sono manoscritti del XII secolo, ma alcuni dei testi riportati risalgono all'VIII secolo. In queste storie i druidi sono spesso consiglieri dei re e predicono il futuro (Bec mac Dé, per esempio, predisse la morte di Diarmaid mac Cearbhaill con maggiore precisione di tre santi cristiani), mentre non sembrano avere particolari funzioni religiose. Non sembrano neppure appartenere ad alcuna forma di corporazione o associazione, né essere esonerati dal servizio militare.
Storie epiche sui druidi [modifica]
Nel Ciclo dell'Ulster, Cathbad, capo dei druido alla corte di Conchobar mac Nessa, re dell'Ulster, era accompagnato da moltissimi giovani discepoli (100 secondo le versioni più antiche). Cathbad è presente alla nascita della famosa eroina Deirdre, e profetizza la sorte della donna, ma viene ignorato da Conchobar. In questa storia epica, intitolata Táin bó Cuailnge, segue questa descrizione della banda dei druidi di Cathbad: l'incaricato solleva gli occhi al cielo e osserva le nuvole e risponde al gruppo attorno a lui. Tutti alzano gli occhi al cielo, osservano le nuvole, e gettano incantesimi contro gli elementi, facendoli combattere fra di loro; e nuvole di fuoco vengono portate verso l'accampamento degli uomini d'Irlanda. Nella stessa storia si dice anche che nessuno alla corte di Conchobar aveva il diritto di parlare prima dei druidi.
Prima di partire per la grande spedizione contro l'Ulster, in Táin Bó Cuailnge, Medb, regina di Connacht, consulta i propri druidi sull'esito della guerra. Rimandano la marcia di due settimane, attendendo buoni auspici. I druidi hanno anche poteri magici: quando l'eroe Cúchulainn torna dalla terra delle fate dopo aver a lungo errato dietro la fata Fand (che egli non riesce a dimenticare), finalmente riceve una pozione dai druidi, che cancella ogni ricordo delle sue avventure recenti e cancella anche la gelosia dal cuore di sua moglie Emer.
Ancora più notevole è la storia di Étain. Questa signora, moglie di Eochaid Airem, High King of Ireland ("alto re d'Irlanda"), in una vita precedente è stata l'amata del dio Midir, che la brama ancora e la rapisce. Il re si rivolge al suo druido Dalgn, che impiega un anno per ritrovare il dio e la donna, usando quattro rami di tasso con un'iscrizione di caratteri dell'alfabeto ogham.
In altri testi i druidi si dimostrano capaci di portare gli uomini alla pazzia. Mug Ruith, leggendario druido di Munster, indossava una pelle di toro e un complesso copricapo di piume di uccello, e aveva la capacità di volare e scatenare tempeste.
I druidi nella letteratura cristiana [modifica]
Nelle vite dei santi, dei martiri e dei missionari, i druidi sono talvolta rappresentati come maghi e divinatori che si oppongono ai missionari cristiani, sebbene due di loro siano rappresentati come insegnanti delle figlie di Lóegaire mac Néill, Alto Re d'Irlanda, all'arrivo di San Patrizio. Per rallentare San Patrizio, sollevano nuvole e nebbia. Prima della battaglia di Culdremne (561) un druido creò un airbe drtiad (recinto?) attorno a uno degli eserciti, sebbene il significato esatto di questa frase sia oscuro. Sembra che i druidi irlandesi avessero il capo rasato come i monaci cristiani; la parola druí viene usata come traduzione del latino magus, a differenza di quanto enunciato da Giordano Bruno nel "De Magia" che trova che tale parola significhi sapiente e quindi rapporta ad essa i druidi in quanto sapienti[6], in un passaggio si parla di Cristo come druido.
Questo resoconto è in parte basato su informazioni tratte dalla Encyclopaedia Britannica, del (1911) e dalla Catholic Encyclopedia, 1908.'
Gli eredi dei druidi nelle Fiandre [modifica]
Le popolazioni delle Fiandre e dei Paesi Bassi rimasero pagane fino a tutto il VII secolo, quando Sant'Eligio giunse in Frisia e li convertì al Cristianesimo. La Vita di Eligio, scritta dal suo contemporaneo e compagno Ouen, fornisce alcune immagini molto suggestive delle pratiche druidiche in quelle regioni. Ouen riporta infatti le ammonizioni che Eligio era solito rivolgere ai pagani delle Fiandre, denunciandone i costumi sacrileghi. Queste ammonizioni possono essere lette fra le righe per ricavarne, in positivo, quali potevano essere le pratiche a cui Ouen e Eligio assistettero: « A causa di nessuna malattia dovete consultare maghi, divinatori, stregoni o incantatori, o pensare di chiedere il loro aiuto.
Non prestate attenzione agli auguri, o agli starnuti violenti, o al canto degli uccelli. Se venite distratti mentre siete in cammino o al lavoro, fate il segno della croce e dite con fede e devozione le preghiere della domenica, e niente potrà farvi del male
Nessun cristiano si preoccupi di quale giorno partire da casa o quale giorno tornare, perché Dio ha creato tutti i giorni. Non vi è alcuna influenza nel primo lavoro del giorno o fase della Luna; non vi è nulla di minaccioso o di ridicolo nelle Calende di gennaio.[7]
Non costruite vetulas,[8] piccoli cervi o iotticos; non apparecchiate la notte [per l'elfo della casa (confronta Puck)], non scambiate doni dell'anno nuovo, non offrite bevande superflue.
Nessun cristiano deve credere all'impurità o sedere nell'incantamento, perché è opera del diavolo. Nessun cristiano, nella festa di San Giovanni o di alcun altro santo dovrà eseguire solestitia [riti del solstizio d'estate] o danzare o saltare o cantare canti diabolici.
Nessun cristiano deve invocare il nome di demoni, di Nettuno o Orco[9] o Diana o Minerva o Geniscus o credere in alcun modo in cui questi esseri inetti. Nessuno dovrebbe passare nell'ozio il giorno di Giove se non coincide con feste sante, né in maggio né in alcun altro tempo, né i giorni delle larvae[10] o dei topi o qualsiasi altro giorno che la domenica. Nessun cristiano dovrebbe mostrarsi devoto agli dei del trivio, dove tre strade si uniscono, né partecipare alle fanes feste delle rocce, delle sorgenti, dei boschi o degli angoli.
Nessuno dovrebbe permettersi di appendere filatteri (talismani)[11] al collo di uomini o animali, anche se vengono fatti da preti e anche se viene detto che contengono reliquie o sacre scritture, perché non c'è alcuna cura di Cristo in queste cose ma solo il veleno del diavolo.
Nessuno dovrebbe permettersi di fare lustrazioni ("purificazioni") o incantesimi usando erbe, o far passare il bestiame attraverso un albero cavo o un fosso perché così lo si consacra al diavolo. Nessuna donna dovrebbe permettersi di appendere al collo l'ambra o invocare Minerva o altri esseri maledetti mentre tessono o colorano i loro tessuti ma in tutte le opere rendete grazie solo a Cristo e confidate nel potere del suo nome con tutto il vostro cuore. Nessun si azzardi a gridare quando la luna è eclissata, perché è per ordine di Dio che ogni tanto avvengon le eclissi. Né si tema la luna nuova o si abbandoni per questo il lavoro. Perché Dio fece la luna per questo, per segnare il tempo e attenuare l'oscurità della notte, non per ostacolare il lavoro né per rendere pazzi gli uomini come credono gli sciocchi, i quali ritengono che i lunatici siano posseduti da demoni provenienti dalla luna. Nessuno deve chiamare signore il sole o la luna o giurare in loro nome perché essi sono creature di Dio e servono i bisogni dell'uomo per ordine di Dio.
Nessuno predica il destino o la fortuna o l'oroscopo da coloro che credono che l'uomo debba essere ciò per cui è nato.
Soprattutto, qualsiasi malattia accada, non cercate incantatori o divinatori o stregoni o maghi, non usate diabolici filatteri attraverso sorgenti e boschi o incroci. Ma lasciate che il malato confidi unicamente nella misericordia divina e prenda il corpo e il sangue di Cristo con fede e devozione e chieda devotamente alla chiesa la benedizione e l'unzione, con la quale il suo corpo sarà unto nel nome di Cristo e, secondo l'apostolo, "la professione di fede salverà l'infermo e il Signore lo illuminerà.
I giochi diabolici e i balli o i canti dei gentili siano proibiti. Nessun cristiano dovrà farli perché ciò lo renderà un pagano. Né è giusto che un salmo diabolico esca dalla bocca di un cristiano dove è stato posto il sacramento di Cristo, che è adatta soltanto a lodare Dio. Perciò, fratelli, rifiutate tutte le invenzioni del nemico con tutto il vostro cuore e fuggite questi sacrilegi con orrore. Non venerate altre creature oltre a Dio e ai suoi santi. Evitate le sorgenti e gli alberi che chiamano sacri. Vi è proibito fare il lituo che essi piazzano ai crocicchi e ovunque ne troviate uno voi dovete bruciarlo con il fuoco. Perché voi dovete credere di poter essere salvati con nessun'altra arte che l'invocazione e la croce di Cristo. Come sarebbe possibile altrimenti che i boschi dove questi uomini miserevoli fanno i loro riti sono stati abbattuti e la legna proveniente da lì è stata data alla fornace? Vedete come è sciocco l'uomo, che onora degli alberi morti, insensibili e disprezza i precetti di Dio onnipotente. Non credere che il cielo o le stelle o la terra o qualsiasi altra creatura debba essere adorata oltre a Dio, perché egli creò e dispose di tutti loro. »
Revival [modifica]
Nel XVIII secolo, in Inghilterra e in Galles si è assistito a un revival druidico ispirato, fra gli altri, da John Aubrey, John Toland e William Stukely. Non ci sono invece prove sicure che William Blake fosse in qualche modo coinvolto in questa ondata di revival e potesse addirittura essere stato un Arcidruido. Aubrey è stato il primo scrittore moderno a legare Stonehenge ed altri monumenti megalitici con il druidismo, una imprecisione che ha influenzato l'idea comune del druidismo per la maggior parte del XX secolo. Modern Druidic groups have their roots in this revival, e some claim that Aubrey was an archdruid in possession of an uninterrupted tradition of Druidic knowledge, though Aubrey, an uninhibited collector of lore e gossip, never entered a corroborating word in his voluminous surviving notebooks. Toland was fascinated by Aubrey's Stonehenge theories, e wrote his own book, without crediting Aubrey. He has also been claimed as an Archdruid. The Ancient Druid Order claim that Toland held a gathering of Druids from all over Britain e Ireland in a London tavern, the Appletree, nel 1717. L'Antico Ordine dei Druidi fu fondato nel 1781, guidato da Henry Hurle e apparentemente incorporato nelle idee massoniche. Una figura centrale di quel periodo è stata Edward Williams, più noto come Iolo Morganwg: i suoi scritti, pubblicati postumi come I Manoscritti di Iolo (1848), e Barddas (1862), continuano ad influenzare il druidismo contemporaneo. Williams sosteneva di aver ottenuto il suo sapere ancestrale durante un "Gorsedd dei Bardi delle Isole Britanniche" che aveva ritrovato, ma negli anni settanta ma gli scritti preparatori di quel testo furono trovati fra le sue carte, dimostrando come anche quel testo fosse stato inventato di suo pugno.
I druidi oggi [modifica]
Il Druidismo Moderno (Modern Druidism, Modern Druidry) è una continuazione del revival del XVIII secolo e si pensa dunque che abbia alcune connessioni con l'antica religione (se non molte). Il Druidismo Moderno comprende due branche: culturale e religiosa. I druidi orientati alla cultura tengono una competizione di poesia, letteratura e musica, nota come Eisteddfod tra le popolazioni di origine celtica (Gallesi, Irlandesi, della Cornovaglia, Bretoni, ecc). Il Druidismo religioso moderno è una forma di neopaganesimo costruita ampiamente intorno a testi prodotti nel XVIII secolo o successivamente, insieme alle rare fonti romane e alto-medievali.
Non è sempre facile distinguere tra le due branche, poiché gli ordini di Druidi orientati alla religione possono accettare membri di qualunque religione o non credenti, mentre gli ordini orientati alla cultura possono non indagare sulle credenze religiose dei loro membri. Entrambi i tipi di ordini druidici possono perciò contenere membri orientati alla religione e membri non orientati alla religione. Molti personaggi famosi in Gran Bretagna sono stati iniziati in ordini druidici, compreso Winston Churchill. Il caso di Churchill illustra la difficoltà di distinguere tra le due branche, dato che gli storici non sono nemmeno certi a quale ordine si sia unito, l'Antico Ordine dei Druidi o l'Antico e Archaeological Ordine dei Druidi, e a maggior ragione per quale motivi vi si sia affiliato.
Frammenti di un calendario lunare druidico incisi su una sfoglia di bronzo sono stati scoperti a Coligny in Francia nel 1897. Il "calendario di Coligny" ha generato interesse da allora (vedi link in calce).
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