lunedì 16 novembre 2015

L'OCCUPAZIONE DEL GHETTO DI VARSAVIA


Nel Novembre del 1940, quasi 75 anni fa, veniva istituito nella vecchia città di Varsavia quello che oggi viene considerato il più grande ghetto europeo mai esistito. Ignorando il Patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov, stretto da Hitler con Stalin nell'estate del '39, i nazisti occuparono la Polonia  infrangendo il patto stretto poco tempo prima e il 1° settembre dello stesso anno soggiogarono il Paese. 
Vorrei fare una riflessione sulla parola “ghetto” e di come spesso erroneamente  si pensi che questa parola abbia origini tedesche. Fu sì la Germania ad esasperare l'istituzione sistematica di sempre più campi di concentramento e di stermino costruiti e operanti durante la seconda guerra mondiale, senza nominare poi i meno conosciuti campi di concentramento russi (“L'arcipelago Gulag”) però, questa parola, ha origini veneziane. 
In origine la zona veneziana assegnata agli Ebrei nel 1500 era denominata in dialetto “ghèto” che significa fonderia. Infatti all'inizio questa parola designava il quartiere delle fonderie che coincideva con quello occupato da persone di origini ebraiche. Il principio del ghetto però è di gran lunga anteriore riconducibile al I secolo a.C quando i romani erano soliti segregare in specifiche aree della città gli ebrei. 
Parallelamente alle attività di oppressione, nella Polonia occupata iniziarono quelle di segregazione e di isolamento della popolazione ebraica. Dapprima la popolazione ebraica venne costretta a indossare un bracciale raffigurante la stella di David e successivamente ad essere completamente rinchiusa all'interno di vari ghetti. Il Ghetto di Varsavia si estendeva su uno spazio di quattro chilometri di lunghezza per circa due chilometri di larghezza.
Al momento della sua creazione la circolazione al suo interno, seppur non completamente libera, non era soggetta a prescrizioni eccessivamente rigide ma progressivamente i soldati tedeschi divennero sempre più severi e brutali. La segregazione vera e propria cominciò nel 1940 in concomitanza ai lavori per erigere un muro che avrebbe separato nettamente popolazione ebraica e non. I lavori ebbero termine il 16 novembre 1940 e le disposizioni del governatore di Varsavia davano via libera al fuoco sugli ebrei che si fossero avvicinati troppo alle mura. Fu solo la goccia che fece traboccare il vaso: da lì in poi non poterono più avere la possibilità di inviare o ricevere posta, non poterono più comunicare con l'esterno... le linee telefoniche e quelle tranviarie furono interrotte. Le condizioni di vita peggiorarono con il passare del tempo, nel 1941 per esempio lo spazio a disposizione degli ebrei fu ulteriormente ridotto e la morte aleggiava ormai indisturbata all'interno di quelle mura. La fame, la malnutrizione, le malattie e i maltrattamenti videro un aumento esponenziale della mortalità tanto che, prima dell'arrivo dell'estate, si registrò una media di 2000 decessi al mese. 
La conferenza di Wannsee tenutasi il 20 gennaio 1942 decretò ufficialmente l'inizio della cosiddetta “soluzione finale della questione ebraica” che prevedeva la deportazione e la conseguente eliminazione sistematica di ogni forma ebrea presente sul pianeta. 
All'inizio del 1943 le deportazioni ridussero la popolazione presente all'interno del ghetto a circa 70'000 persone. Il 18 gennaio un gruppo di operai che vennero chiamati al 'trasferimento' fecero fuoco, con armi contrabbandate, sui loro aguzzini. Venne chiamato un ufficiale delle SS che su ordine diretto di Himmler (comandante delle SS ) ebbe il compito di annientare il ghetto. La battaglia proseguì per tutto il mese di aprile e il 16 maggio venne comunicato a Berlino che il ghetto di Varsavia non esisteva più. I superstiti ebrei vennero deportati nei vari campi di concentramento.
Quello che rimane del Ghetto di Varsavia è solo un opaco ricordo carico di rancori, di paura e di dolore.
VERONICA GABELLI

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