Quello che don Mazzi non dice
“Apro i giornali e mi arrabbio, scoprendo tante storie incredibili”, scrive don Antonio Mazzi nella sua rubrica sul settimanale Gente.
Si legge, per esempio, di una ragazzina tredicenne che scrive un libro dal titolo inequivocabile, Facciamolo a skuola, dove racconta con dovizia di particolari di rapporti sessuali tra i suoi coetanei. Oppure si apprende che sono oltre 500 mila le coppie italiane coinvolte in pratiche di sesso estremo, pari al 3-5 per cento della popolazione sessualmente attiva.
Lei si arrabbia don Mazzi, e fa bene. Ma vorrei farle notare che nella sua lunga filippica grondante indignazione e moralismo a buon mercato lei non nomina mai nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio il nome di Cristo.
Forse perché lo ritiene scomodo, imbarazzante o, peggio, inutile. E invece non c'è nulla di più essenziale, di più necessario.
“Ho incontrato Cristo, e mi sono scoperto uomo” diceva sant'Agostino.
La porno scrittrice tredicenne come gli aficionados del sesso estremo sono persone che hanno perduto la loro umanità, ridotte a biorganismi definiti esclusivamente dalle loro pulsioni erotiche, perché hanno dimenticato o non hanno mai incontrato Cristo.
E aspettano che qualcuno, magari un prete dalle pagine patinate di una rivista, pronunci l'unico nome che può salvarci dal nulla.
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